Funerali Roberto De Simone: card. Battaglia, “siamo qui per dire grazie a un uomo di arte, cultura, fede. Il suo grande amore per Cristo bambino e per la Vergine Maria”

(Foto ANSA/SIR)

“Oggi non siamo qui per dire addio. Siamo qui per dire grazie. Grazie a un uomo di arte, di cultura, di fede. Siamo qui per dire il nostro grazie al maestro Roberto De Simone. Non stiamo assistendo alla chiusura di un sipario, attenzione! Ma, piuttosto, all’apertura di un nuovo paesaggio, di un nuovo palcoscenico, alla scrittura di nuovi versi e pagine, scritte con l’inchiostro della fede e il colore della speranza. Siamo qui per dirgli grazie perché ci ha insegnato che la vita è un canto, che la fede è una danza, che l’arte è il respiro di Dio che è possibile ascoltare tra le pieghe della storia, della storia feriale, quotidiana”. Lo ha detto, oggi pomeriggio, il card. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, nell’omelia dei funerali di Roberto De Simone.
Il porporato ha ricordato: “Sapete, nei nostri ultimi colloqui in casa sua mi ha confidato due cose: il suo amore per Cristo bambino, raccontato dall’incanto del presepe e per sua Madre, Maria. Per il maestro il presepe non era solo una rievocazione di un evento lontano, e neanche una rappresentazione esclusivamente natalizia. Proprio per questo era sempre nella sua camera da letto, anche durante il tempo della malattia, come una vera e propria icona dinanzi a cui pregare, colloquiare, portando ai piedi del Bambino di Betlemme, la Betlemme di oggi, che è il nostro cuore, il cuore dell’uomo, che è la città, la nostra città con le sue fragilità, le sue speranze, la sua attesa di salvezza”. Non a caso la sua “Cantata dei Pastori” ci ricorda che “Dio non ha scelto i palazzi del potere per manifestarsi, ma una grotta umile, il cuore semplice della gente. Ci dice che la salvezza non arriva dal fragore delle armi o dalla ricchezza ostentata, ma dalla tenerezza di un bambino, dalla povertà assunta, dall’amore donato”.
Un altro “suo amore grande era la Vergine Maria, contemplata soprattutto nel mistero del suo dolore. Non a caso mi aveva chiesto di poter rappresentare proprio in questa cattedrale un’importante opera, da lui tanto amata, dedicata al Canto della Vergine Addolorata. Per Roberto, Maria, con il suo volto rigato di lacrime, era l’immagine stessa di Napoli e dei suoi figli, della sua storia, del suo dolore, ma anche della sua resistenza e della sua bellezza. Nella sua visione artistica, di un’arte direi profondamente radicata nella teologia, Maria non era solo la Madre del Cristo sofferente, ma anche sua madre, la madre di tutti i dolori del mondo, di tutte le ferite della storia”. Eppure,” proprio negli occhi lacrimanti di Maria, il maestro trovava anche una promessa di futuro. Perché se Napoli, se il mondo è pieno di piaghe aperte e sanguinanti, nel cuore di queste stesse ferite il Signore vi ha piantato infiniti semi di speranza. Maria, in piedi sotto la croce, è così attesa, è fedeltà, è certezza che dopo ogni Venerdì Santo c’è l’alba pasquale della Resurrezione! Non potrò mai dimenticare che il nostro ultimo congedo è avvenuto proprio con un’Ave Maria pregata insieme, mano nella mano”.

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