Disturbo bipolare: il 30 marzo Giornata mondiale. Fondaz. Duedime, “pazienti consapevoli e supportati possono condurre vita piena”. “No a solitudine e pregiudizi”

Il 30 marzo, giorno della nascita di Vincent van Gogh, si celebra il World Bipolar Day, la Giornata mondiale sul disturbo bipolare, un’occasione importante per accendere i riflettori su una condizione troppo spesso ignorata o stigmatizzata. La Fondazione Duedime, nata nel 2023 per sensibilizzare la società civile e supportare pazienti e caregiver, in questa occasione vuole richiamare l’attenzione su alcuni temi essenziali. A livello globale si stima che ne soffrano circa 80 milioni di persone, mentre in Italia la prevalenza è stimata intorno all’1,5% della popolazione, circa 600mila persone adulte. (fonte istitutobeck.com).
Il disturbo bipolare, spiega Leonardo Tondo, presidente del comitato scientifico Fondazione Duedime e uno dei maggiori esperti della patologia a livello internazionale, è “una successione, ciclica e protratta nel tempo, di periodi di umore elevato o maniacale e di depressione. Ma questa spiegazione non rispecchia la complessità della patologia. L’alternanza di queste polarità, infatti, può presentarsi con modalità e intensità molto variabili e anche l’intervallo che intercorre tra una fase e l’altra può differire in maniera sostanziale da individuo a individuo”. Un disturbo “che si può gestire, evitando che si manifesti nelle sue forme più acute: pazienti consapevoli e adeguatamente supportati possono ritornare ad avere una vita integrata nel tessuto sociale e lavorativo”, si legge in una nota della Fondazione.
“Da qualche anno convivo con il disturbo bipolare – racconta Donatella Smoljko, presidente della Fondazione – e ho deciso di condividere la mia esperienza, seppur dolorosa, affinché sempre più persone possano trovare il coraggio di chiedere aiuto senza paura di essere giudicate. La malattia mentale non è un ‘problema da risolvere’, dobbiamo abbattere il muro della solitudine che spesso accompagna chi lotta con queste difficoltà, creare un sistema di supporto che non giudica ma informa, accoglie e ascolta”. Di qui l’importanza di una nuova alleanza tra medico e paziente, che metta al centro l’ascolto e la psicoeducazione, ossia il rafforzamento delle competenze della persona nell’affrontare la sua condizione. Il paziente deve sentirsi libero di esprimere le proprie sensazioni, le preoccupazioni e le esperienze legate al disturbo. Il medico deve essere empatico, ascoltare attentamente e fornire spiegazioni chiare sui trattamenti e i rischi associati. “L’aderenza al trattamento – spiega spiega Santo Rullo, medico psichiatra con esperienza trentennale e ideatore della nazionale italiana di calcio a 5 per persone con problemi di salute mentale Crazy for Football – è fondata proprio sulla relazione terapeutica. Quando i pazienti comprendono che la patologia è gestibile, che non si tratta di ‘debolezze’ o mancanza di carattere ma piuttosto di un disturbo che si può contenere con un trattamento, è più facile per loro accettare il percorso terapeutico”.

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