Diocesi: Caritas Andria, 50 giovani volontari impegnati nei campi di lavoro in città, a Catania e a Sarajevo

Circa 50 giovani tra volontari dell’anno di volontariato sociale e del Servizio civile della Caritas di Andria, oltre a una decina di adulti quali coordinatori e tutor, hanno partecipato ai campi di lavoro: nella stessa città, a Catania e a Sarajevo (BiH). Per ogni attività si sono prodotti o si stanno producendo brevi video – racconti a testimonianza delle realtà conosciute e delle persone incontrate.
Nella tappa di Catania, i giovani hanno conosciuto i servizi offerti da quella Caritas alle persone e comunità in difficoltà: servizio mensa, distribuzione colazione, centro di ascolto, orientamento al lavoro, servizio docce, servizio guardaroba. “Abbiamo ascoltato storie: racconti di vita che spesso immaginiamo e che leggiamo sui libri e giornali, che ci suscitano emozioni e sentimenti difficili da spiegare che viviamo con una certa distanza – raccontano -. A Catania, la distanza si è accorciata notevolmente: abbiamo avuto l’opportunità di leggere gli occhi delle persone quando abbiamo offerto loro un pasto o una bevanda fresca”.
Non sono mancate le riflessioni di alcuni giovani ragazzi della Caritas di Andria che hanno vissuto una significativa esperienza di campo di lavoro nella città di Sarajevo. A pochi chilometri di distanza si trova Usivak, un campo di accoglienza temporaneo, simbolo di momentanea speranza, per i profughi che fuggono attraverso la rotta balcanica dal loro paese di provenienza, come Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan, ma anche Algeria, Marocco e Tunisia. Le cause della fuga sono varie: belliche, socio-culturali, economiche e climatiche. Gli ospiti (famiglie con minori) del “Social Corner”, spazio gestito dalla Caritas della Bosnia Erzegovina e dalla Caritas Italiana, hanno raccontato che è un percorso a piedi doloroso e pericoloso, che tra di loro viene chiamato “The game” dove non tutti riescono a giungere a destinazione. Il gruppo è tornato ad Andria con delle consapevolezze in più: “Vedere bambini e ragazzi ridere, giocare e parlare con grande speranza e fiducia nei confronti della vita, nonostante tutto, è stata una grande lezione. Il dialogo anche se presenta diverse lingue, è la giusta chiave per generare incontri”.

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