Terra Santa: Pizzaballa (patriarca), “non bastano un culto esteriore e delle osservanze per avvicinare il cuore al Signore”

“Le tradizioni umane possono diventare un alibi per evitare di osservare l’unico comandamento capace di dare senso e pienezza alla vita dell’uomo, quello dell’amore. Ma c’è di più: dando all’uomo l’illusione di essere giusto, gli impediscono di guardare al proprio cuore, e di vedere che dal profondo di questo cuore viene il male”. È questo il punto focale della meditazione del patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, sul Vangelo della Domenica, domani 29 agosto, pubblicata dal sito del Patriarcato  “Gesù – spiega il patriarca – distingue tra tradizioni e comandamenti. Le prescrizioni vengono dagli uomini, i comandamenti da Dio; l’osservanza di quelle prescrizioni può essere contata e misurata, l’obbedienza ai comandamenti no; le prescrizioni fine a se stesse danno sicurezza possono farci cadere nella presunzione di farcela da soli; i comandamenti mettono in cammino, rendono liberi e aprono a Dio”. La linea tracciata è quella che separa il puro dall’impuro, in risposta a una domanda che farisei e scribi, provenienti da Gerusalemme, rivolgono a Gesù: “Cos’è impuro? Cosa ci allontana da Dio?”. “Il cuore dell’uomo – afferma Pizzaballa – è soggetto ad ogni ambiguità e ad ogni possibilità di male; non ciò che è fuori di noi ci porta al peccato, ma dentro noi stessi abita l’inclinazione ad ogni egoismo: il confine tra puro e impuro abita proprio lì, e non basta un culto esteriore, non bastano delle osservanze per avvicinare questo cuore al Signore. Il primo passo per essere guariti è quello di riconoscere di essere malati, senza illudersi che dei gesti esteriori bastino a guarire il cuore: la guarigione deve essere più profonda. Il passaggio che guarisce il cuore è quello dall’osservanza all’obbedienza. Perché se l’osservanza a dei precetti non ha il potere di liberarci da noi stessi e dalla solitudine in cui ci siamo rinchiusi – ed è poi questo che fa ammalare il cuore -, l’obbedienza ci pone in relazione con Colui che ha la vita e che vuole darci la vita. È la scelta di vivere del dono, di nutrirci di quel pane su cui abbiamo a lungo sostato nelle domeniche scorse, e che ci immette in un circolo virtuoso di carità e di gratuità, che è la vera e unica guarigione del cuore dell’uomo”.

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