Missioni: mons. Satriano, “il missionario è colui che si fa toccare dall’amore di Dio e dal vangelo e poi lascia che la sua vita appartenga a Cristo e all’umanità”

A sinistra mons. Giuseppe Satriano, presidente della Fondazione Missio. Sotto, ritratto con don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio

(da Assisi) Un convegno “nutrito di parole, che ci consegna anche degli itinerari e dei percorsi, dei processi da attivare, soprattutto quello della speranza”. Mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, è presidente della Fondazione Missio: si trova ad Assisi dove sta seguendo le quattro Giornate nazionali di formazione e spiritualità missionaria (Domus Pacis, 26-29 agosto), sul tema “Testimoni e profeti. Missionari di speranza”. “È una speranza che nasce dalla consapevolezza che nel mondo, oltre agli alberi che cadono, ci sono foreste che crescono. Ne abbiamo avuto contezza soprattutto nelle testimonianze di vita che abbiamo finora ascoltato da don Marco Galante, cappellano degli Ospedali riuniti di Padova, dalla missionaria Saveriana suor Maria Angela Bertelli, dal fidei donum don Giovanni Piumatti, da Patrizia e Vincenzo Petruzzi che, dopo aver perso un figlio giovanissimo hanno scoperto la fede”. Queste voci, “assieme a quelle degli altri relatori, ci fanno cogliere con chiarezza come un percorso di speranza nasce lì dove la vita si apre all’umano, a quell’umano redento da un amore grande quale quello del Cristo”. Così, aggiunge Satriano, “il vangelo diventa il termine di confronto con cui poter camminare in questo tempo non semplice, con un atteggiamento consegnato alla Parola”, restituendo “speranza all’umanità, a questo mondo ferito e lacerato”. Il vescovo aggiunge: “Credo che quando parliamo di missione il pensiero vada subito a chi è distante da qui e dà la sua vita per gli altri in terre lontane. Ma oggi queste esperienze che abbiamo ascoltato ci riportano in una dimensione molto ravvicinata, perché ci accorgiamo come quel mondo, che i missionari hanno visitato e amato, oggi è accanto, dentro casa nostra. E quindi i confini del mondo non sono più geografici ma sono esistenziali”. Allora “relegare la missione a un atteggiamento di alcuni specialisti mi pare sia sbagliato; i veri centri missionari dovrebbero diventare anche i nostri centri pastorali, gli uffici catechistici, le parrocchie… Cioè tutta la Chiesa è chiamata a lasciarsi innervare da una passione per l’uomo e da una capacità di mettersi in gioco, perché il missionario è colui che si fa toccare dall’amore di Dio e dal vangelo e poi lascia che la sua stessa vita appartenga realmente a Cristo e all’umanità”. “Le giornate qui ad Assisi ci stanno ridando – conclude mons. Satriano – tanta speranza e gratitudine per chi, facendo della propria vita un dono, ci riconsegna l’orizzonte dell’umano, verso il quale dirigere i nostri cuori”.

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