Esplosioni a Beirut. Salesiani Libano, “lanciamo un grido di speranza guardando soprattutto ai giovani, pieni di risorse e intraprendenti”

I Salesiani del Libano sono vicini alla popolazione colpita dall’esplosione del 4 agosto. I salesiani, che sono presenti nel Paese con due opere – Al Fidar, sulla costa, e El Housson, su una montagnola nell’interno, entrambe a circa una trentina di km da Beirut – non contano vittime, né danni diretti, ma soffrono con tutta la popolazione per l’ennesima sciagura che si abbatte sulla popolazione”. L’agenzia salesiana Ans riporta la testimonianza di uno dei Figli di Don Bosco attivo nel Paese dei Cedri: “Se finora, come Salesiani non ci risultano vittime tra le nostre conoscenze, lamentiamo feriti e danni più o meno rilevanti in molte case da loro abitate. La casa di un confratello libanese, don Dany El-Hayek, ha subito gravi danni, ma, fortunatamente, i suoi genitori si trovavano in montagna. Rifugiati siriani e iracheni residenti a Beirut e dei quali ci occupiamo, ci stanno segnalando non solo i danni materiali delle loro abitazioni, ma pure e soprattutto lo choc psicologico subito da loro e dai loro figli. Partiti dal loro Paese per sfuggire alla guerra, si trovano ora in un Paese in crisi e in situazione di gravissimo disagio”. Il Libano, infatti, scrive Ans, “non riesce oggi ad occuparsi neppur più dei suoi cittadini e si trova ora con la capitale improvvisamente devastata, dopo 30 anni di lenta e faticosa ricostruzione seguita alla guerra civile che era terminata nel 1990. Autorità civili e religiose del Paese stanno lanciando appelli al mondo intero perché accorra in auto a un paese paralizzato dallo choc e senza risorse”.
In questa situazione i salesiani provano a contribuire offrendo uno sguardo di speranza e rilanciando un appello alla solidarietà internazionale: “se da molti si leva un grido di disperazione e di rabbia per l’incoscienza di troppi politici e funzionari, tra cui le autorità del porto di Beirut, alle quali viene attribuita la responsabilità della catastrofe di ieri, noi lanciamo un grido di speranza, guardando soprattutto ai giovani libanesi, pieni di risorse e intraprendenti. Ci sentiamo vicini a loro e preoccupati del loro avvenire. L’aiuto che sollecitiamo è sia per loro che per i rifugiati siriani ed iracheni di cui ci occupiamo”.

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