Giovanni Paolo I: mons. Perego (Ferrara), “la preferenza per i poveri lo ha accompagnato per tutta la sua vita”

“Il Signore ci renda capaci di raccogliere e approfondire la testimonianza di fermezza e di dolcezza, di impegno e di lealtà di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I, e di accogliere lo spirito delle Beatitudini che lo hanno animato in tutta la sua vita”. Si è conclusa con queste parole l’omelia pronunciata oggi da mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, durante la celebrazione che ha presieduto a Canale d’Agordo in occasione del 42° anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Albino Luciani.
Ma “in che cosa siamo chiamati ad imitare Papa Luciani?”. Innanzitutto “s’impegnò molto nello studio negli anni in cui fu vicerettore e studente nella Pontificia Università Gregoriana, con la tenacia tipica degli abitanti di queste montagne di ieri, senza far pesare nulla e senza far mancare nulla ai seminaristi, ma piuttosto pagando di persona, nel 1947, quando fu colpito da polmonite”. “Oggi – ha osservato – qualcuno vende una vita facile, senza sforzo, senza impegno nella scuola e nel lavoro: in realtà nulla si ottiene senza sacrificio, senza dedizione, senza pagare di persona”. “Oltre l’impegno – ha proseguito – anche la lealtà fa parte di uno stile di vita cristiano che impariamo da Albino Luciani vescovo”. Il riferimento è alla “bufera del ’68” con la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, rispetto alla quale “il vescovo Luciani dimostra la sua lealtà e obbedienza, anche quando nel collegio episcopale e nel presbiterio salgono dei distinguo che rischiano di minare la morale cristiana”. Inoltre, “Luciani non lascerà inascoltato il grido di Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio a favore dei poveri: una preferenza, quella per i poveri, che lo accompagnerà per tutta la sua vita e che, da Papa, ribadirà nel discorso della sua ultima udienza, del 27 settembre 1978” quando ricordò che “i popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”. “Il grido di san Paolo VI, fatto proprio da Papa Luciani, è il grido oggi di Papa Francesco per i popoli alla fame in cammino e che giungono in Europa”, ha osservato Perego: “È un grido di fame e di vita che non può rimanere inascoltato dal popolo di Dio, che anche su questo rischia l’ipocrisia di girarsi dall’altra parte o di nuovi distinguo”. Quello delle migrazioni, ha rammentato l’arcivescovo, era “caro anche a Papa Luciani, che aveva visto il padre, la madre e altri familiari emigranti, partire alla ricerca di un lavoro in Svizzera”. “La santità – ha concluso Perego – non cresce sull’egoismo e l’individualismo, ma solo nella condivisione e nell’attenzione agli altri e al mondo. Come è stato capace Papa Luciani, il cristiano, il pastore di questa terra, che di Giovanni XXIII ha raccolto il coraggio di una riforma della Chiesa sfociata nel Concilio Vaticano II e di Paolo VI ha fatto suo il coraggio di un dialogo con il mondo, coniugando evangelizzazione e promozione umana”.

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