“Chiediamo che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne”: lo scrivono 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati nella “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, pubblicata sul sito chiesacattolica.it e aperta per ulteriori adesioni.
“Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese”, aggiungono i vescovi.
“Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico”, prosegue la Lettera.
Non solo: “Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina”.
Per i firmatari della Lettera, “in questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio – per nulla ipotetico – di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto”.
Tali riflessioni, “frutto di esperienze maturate sul campo”, sono offerte “in spirito di serena collaborazione” e per questo si spera che “siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno”.