Meeting Rimini: Guerre e infanzia negata. Gatti (Maeci), “proliferazione delle crisi, con conseguenze enormi sulla salute mentale dei minori”

Foto Calvarese/SIR

Nel 2023, 473 milioni di bambini vivevano in zone di guerra. Negli ultimi trent’anni, la percentuale di minori coinvolti nei conflitti è quasi raddoppiata. In media, 31 bambini al giorno restano uccisi o mutilati. “Statistiche fredde, ma dietro questi numeri ci sono volti, speranze, sogni”, ha detto Daniela Fatarella, direttrice di Save the Children Italia, intervenendo all’incontro “Crescere ricostruendo il proprio futuro: le nuove generazioni nella ripresa dei territori devastati dai conflitti”, svoltosi all’interno del Meeting di Rimini. “Quando un bambino si trova in un contesto di guerra è colpito due volte: si ferma la sua infanzia e viene compromesso il suo futuro. Perde il diritto al gioco, alla salute, all’educazione”, ha aggiunto. “In un mondo in cui le spese militari continuano a crescere, abbiamo una responsabilità nei confronti di questi bambini”. “Assistiamo a una proliferazione delle crisi, con conseguenze enormi sulla salute mentale dei minori”, ha sottolineato Stefano Gatti, direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Maeci). “Ogni guerra è una guerra ai bambini. Quello che possiamo fare è limitato: troppe emergenze, risorse insufficienti. Oggi abbiamo solo il 20% dei fondi necessari per far fronte alle crisi”. In questo scenario, il ruolo dell’Italia resta centrale. “Il nostro Paese ha responsabilità e competenze. La cooperazione italiana mostra una leadership netta nel mettere insieme attori diversi per affrontare le crisi e lavorare nel medio e lungo periodo”, ha concluso Gatti.

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