“Il nostro villaggio nasce dall’idea che la pace non è un’utopia ma un lavoro quotidiano. Palestinesi e israeliani vivono insieme, studiano insieme, affrontano insieme i conflitti. Questo non cancella le difficoltà, ma dimostra che un altro futuro è possibile senza guerra”: lo ha detto Shireen Najjar, esponente palestinese del villaggio Neve Shalom–Wāħat as-Salām, in Israele, dove dal 1974 si sperimenta la pace “possibile” tra arabi e israeliani. Najjar, che è stata anche la prima bimba araba nata nel villaggio, ha portato la sua testimonianza ieri sera a Trani, durante un incontro, molto partecipato, organizzato da Legambiente. “La sofferenza è grande, ma c’è ancora una volontà diffusa di dialogo. Ascoltare, capire e creare nuovi legami internazionali è oggi più importante che mai”, ha aggiunto la donna che nel villaggio ha sempre vissuto “in modo libero” il suo “essere palestinese, araba e musulmana. L’unico spazio in cui mi sento sicura e a mio agio è il villaggio. Qui si possono esprimere liberamente opinioni, pensieri e sentimenti”. “L’ultimo anno – ha ammesso Najjar – è stato caratterizzato da un clima che definirei razzista, con gli arabi che continuano a subire una significativa oppressione all’interno dello Stato israeliano. La maggior parte della popolazione israeliana è militarizzata e aggressiva”. “Al di fuori del villaggio – ha rimarcato la donna – quando mi trovo in contesti israeliani dove non ci sono università, luoghi di lavoro o centri commerciali, preferisco mantenere il silenzio e rimanere ‘invisibile’ (unseen, ndr.) piuttosto che farmi sentire, in un ambiente percepito come ostile”. Nonostante ciò, ha ribadito, “viviamo un momento cruciale per dimostrare che la coesistenza è realizzabile, rifiutando fermamente approcci violenti e aggressivi, ma adottando soltanto la strategia del dialogo”. Nel corso della serata sono state presentate alcune proposte di collaborazione. Tra queste, l’ipotesi di avviare un programma Erasmus presso il villaggio di Neve Shalom–Wāħat as-Salām, pensato per favorire scambi culturali e formativi. “Non si tratta solo di far viaggiare studenti – ha evidenziato Pierluigi Colangelo, rappresentante di Legambiente – ma di dare ai giovani strumenti concreti per conoscere da vicino modelli di convivenza e di mediazione dei conflitti attraverso il dialogo”. Ha trovato ampio interesse anche l’idea di istituire in Puglia una scuola per la pace, un centro educativo dedicato alla formazione sullo scambio interculturale, cooperazione e costruzione nonviolenta dei conflitti. “Il nostro territorio ha una tradizione di accoglienza: potrebbe essere il luogo ideale per un progetto di respiro internazionale”, è stato sottolineato durante l’incontro.