Abbandonarne l’uso e promuovere nuovi stili di vita, istruzione e formazione per una conversione ecologica strutturale è stato il tema del dibattito tenutosi ieri, nella Zona verde della Cop30, che si svolge a Belém dal 10 al 21 novembre. Mons. Lizardo Estrada, vescovo ausiliare di Cuzco (Perù) e segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano e carabico (Celam), ha illustrato alcuni elementi necessari per generare nuovi stili di vita. Si tratta di evitare impatti irreversibili, cercando “soluzioni che uniscano giustizia, ecologia e dignità umana”, superando paradigmi tecnocratici ed estrattivisti, con politiche climatiche basate sull’equità e su responsabilità comuni ma differenziate. È necessario “tenere conto delle cosmovisioni e delle pratiche dei popoli e delle comunità locali”, ha sottolineato Estada.
A tal fine è necessario il coinvolgimento delle chiese, che portino a rifiutare false soluzioni; difendere la giustizia climatica; eliminare i combustibili fossili; rifiutare la mercificazione della natura; condannare il capitalismo verde; rafforzare la resilienza e la resistenza delle comunità; difendere la sovranità dei popoli indigeni; promuovere nuovi paradigmi basati sulla solidarietà, la giustizia sociale, la cooperazione e il rispetto dei limiti; attuare programmi educativi sulla cura della Casa comune; creare un Osservatorio ecclesiale sulla giustizia climatica.
Padre Dario Bossi, missionario comboniano e referente della rete Iglesias y minería, ha affrontato la questione dei combustibili fossili, partendo dalla mancanza di limiti nella società attuale, che mette in pericolo le generazioni passate e future. Un limite che il mondo scientifico sta segnalando in relazione alla madre terra, che si scontra con il concetto centrale del capitalismo, ovvero la crescita. Il problema è coniugare crescita e limiti, soprattutto di fronte a false soluzioni e verità, “una sfida filosofica e cristiana che dobbiamo assumerci”, ha sottolineato il missionario comboniano.