Israele e Hamas: PerugiAssisi, “l’Italia deve dire basta, chiedere il cessate-il-fuoco subito e riconoscere lo Stato di Palestina”

“L’Italia deve dire basta e deve riconoscere lo Stato di Palestina”: è l’appello della Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace e della Coalizione AssisiPaceGiusta lanciato ieri. “Insieme con Papa Francesco, l’Italia, il nostro Parlamento, le forze politiche, le nostre istituzioni, i nostri governanti – si legge – devono trovare il coraggio di dire basta e di chiedere l’immediato cessate-il-fuoco. Siamo già tutti coinvolti. Siamo già tutti corresponsabili. Il silenzio ci rende complici. La pace è possibile ed è nelle mani di tutti i governi che, come il nostro, hanno il dovere, la possibilità e i mezzi per intervenire”. Per i promotori dell’appello “La pace è possibile se riconosciamo ai palestinesi la stessa dignità, gli stessi diritti e la stessa sicurezza che riconosciamo agli israeliani. L’Italia può fare molto per la pace. Ma deve cambiare: non può continuare ad astenersi o essere di parte”. L’Italia, prosegue l’appello, “deve chiedere all’Onu l’immediato riconoscimento della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all’attuazione del Piano ‘due Stati per due Popoli’”. Al Parlamento i promotori chiedono di approvare una risoluzione da sottoporre all’Ue e all’Onu che includa “l’istituzione immediata della Palestina come 194° Stato membro dell’Onu, con i confini del 4 giugno 1967, con capitale a Gerusalemme Est; il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani a Gaza e dei palestinesi arbitrariamente detenuti nelle prigioni israeliane; il cessate il fuoco permanente di tutte le parti; l’invio immediato di tutti gli aiuti umanitari indispensabili per salvare e curare la popolazione di Gaza; il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza; la costituzione e l’invio di una ’forza di pace’ dell’Onu in Palestina e la convocazione di una Conferenza internazionale di pace”. L’Italia deve agire come “sistema paese” con “una strategia e un piano di lavoro integrati. La diplomazia dei popoli e delle città può arrivare dove i governi non arrivano e provare a costruire, dal basso, le condizioni di una pace che non può più attendere”.

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