Diocesi: Trieste, 50° di ordinazione sacerdotale del vescovo Crepaldi. “I preti tornino ad essere uomini di Cristo e a vivere di preghiera”

“’L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore’: con queste parole, piene di gioiosa gratitudine per il Signore, Maria andò incontro ad Elisabetta ed è con queste parole che anch’io gli dico il mio grazie per i cinquant’anni di sacerdozio nei quali sono compresi vent’anni di episcopato”. Così si è espresso oggi mons. Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, durante la messa che ricordava il 50° di ordinazione sacerdotale. “Il mio grazie si estende poi a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, mi hanno accompagnato, formato e sostenuto: dai miei genitori Ilde e Dario alla mia famiglia, dal mio parroco mons. Luigi Maragno alla mia parrocchia di Villadose, dal seminario alla mia diocesi di Adria-Rovigo con il vescovo mons. Mocellini che mi ordinò prete proprio il 17 luglio del 1971. Poi il ministero a Roma presso la Cei e la Sede apostolica a servizio di san Giovanni Paolo II che mi ordinò vescovo il 19 marzo del 2001 e di Papa Benedetto XVI”. Mons. Crepaldi ha fra l’altro affermato: “un grazie affettuoso va alla città, bellissima e magnanime: pur colpita dalle dolorose ferite subite nel recente passato carico di immani e indicibili atrocità, Trieste è qui nello splendore delle sue nobili architetture e nella salutare volontà del suo popolo, portatore convinto di un messaggio di pace, di riconciliazione, di speranza per tutti”.
Il vescovo ha quindi detto: “il sacerdote non è una figura burocratica all’interno della Chiesa, come quella di cui ogni società ha bisogno per adempiere certe funzioni. Egli è altro e oltre, perché pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Egli è altro e oltre, perché pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di Cristo che sono di transustanziazione, parole che rendono presente lui stesso, il Risorto, il suo corpo e suo sangue e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo uniscono a lui. Il sacerdote è sacramento, cioè segno e strumento di Dio che si serve di un pover’uomo al fine di essere presente tra gli uomini e agire per la loro salvezza. Nella vita e nel ministero di un prete si può leggere in nuce l’audacia di Dio che affida se stesso ad esseri umani, che, pur nelle loro fragilità, li ritiene capaci di agire e di essere presenti in vece sua”. Quindi un messaggio al clero: i preti, secondo Crepaldi, devono “ritornare ad essere uomini di Cristo e a vivere di preghiera. La preghiera crea il sacerdote e il sacerdote si crea attraverso la preghiera: essa delinea in sicurezza la strada maestra della santità presbiterale. Naturalmente sono necessari la formazione, lo studio, l’aggiornamento per cogliere le urgenze e delineare le priorità pastorali”.

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