Famiglia: pellegrinaggio RnS. Mons. Caputo (Pompei), “la fede si esprime pienamente con la carità”

“Il volto gioioso di un’Italia che sta smarrendo la passione per Dio e dunque per l’uomo”. Il presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, definisce così il 13° Pellegrinaggio nazionale delle famiglie per la famiglia in corso a Pompei e Loreto, promosso dal Rns, in collaborazione con le Prelature pontificie di Pompei e Loreto, l’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia e il Forum nazionale delle associazioni familiari. Due i momenti in cui è stato diviso l’evento. Il primo, a Pompei, nel Santuario della Vergine del Rosario, dove i pellegrini hanno pregato per i bambini soli, abbandonati, per quelli a cui non è stato permesso nascere e, ancora, per i fidanzati e le giovani coppie, per i promessi sposi, per gli afflitti da gravi malattie, per le famiglie colpite da lutti, da calamità naturali. “Ci ritroviamo per pregare per le famiglie, i bambini, i ragazzi, gli anziani e per tutta l’umanità dolente che cerca di uscire da questa terribile pandemia. Lo faremo con la preghiera-simbolo del Santuario di Pompei, il santo Rosario, la bella preghiera mariana dal cuore cristologico, che, facendoci contemplare le tappe della vita di Gesù, ci invita a riviverle noi stessi”. Queste le parole dell’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, che ha accolto le famiglie del Rns, ricordando inoltre che, oltre alla preghiera, “a Pompei, la fede si esprime pienamente con la carità. Accanto al ‘tempio di marmo’, dal quale si elevano continuamente preghiere, il nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, volle edificare anche il ‘tempio di cuori’, le opere sociali che ogni giorno accolgono bambini, ragazzi, anziani, uomini e donne in difficoltà, perché solo dall’unione di fede e carità sgorga l’autentica testimonianza cristiana”.
Poi, le testimonianze di alcune famiglie. Come quella di Enrico e Maria, sposati da 32 anni e con 5 figli, 3 biologici e 2 adottivi. Ed è proprio a partire dall’esperienza dell’adozione che hanno testimoniato l’amore familiare. “L’adozione – hanno detto – non è un gesto di carità, ma è rispondere a una chiamata: diventare genitori per un bambino che è rimasto senza famiglia. I figli non ci appartengono, sono un dono e come tale vanno accolti, qualunque sia la loro origine. Ogni bambino ha diritto ad avere una famiglia, una mamma e un papà”. Luigi, invece, ha raccontato della sua rinascita a nuova vita, dopo aver trascorso anni a sperperare denaro nel gioco e a stare lontano dalla sua famiglia. Dopo la perdita del figlio Giuseppe e l’incontro nella preghiera con il Rinnovamento, ha ricominciato a vivere nell’amore dei suoi affetti.
Anche la pandemia e il conseguente lockdown sono stati oggetto di testimonianza, come in quella di Massimo e Maria Celeste che hanno affrontato l’attesa della secondogenita “chiusi in una casa di 70 metri quadri, con un piccolo balcone e un bimbo di due anni normalmente smanioso di uscire”. Ma nonostante le difficoltà derivanti dalla situazione, “oggi, voltandoci indietro – hanno raccontato – paradossalmente, ripensiamo a quel tempo trascorso come a un periodo di grazia che ci è stato concesso, un’opportunità per fortificare l’intesa tra noi tre in vista di un evento, la nascita della secondogenita, che sapevamo avrebbe rivoluzionato i precedenti equilibri, da poco conquistati”. E, infine, Antonia e Gaetano, che nel periodo della pandemia hanno visto inasprite le loro già grandi difficoltà familiari, dovute anche ad alcuni problemi di salute dell’ultimo dei loro figli. Ma, anche per loro, tutto si è risolto nella fede, grazie alla quale “abbiamo riscoperto che il Signore fa germogliare i fiori tra le rocce e ci riabilita ogni giorno alla vita, anche quando sembra che tutto sia perduto”.

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