Coronavirus Covid-19: diocesi Rieti, la pandemia vista dai rifugiati

Non si fermano, a Rieti, le attività legate all’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo. È infatti rimasto in funzione, nonostante il Covid-19, il Siproimi gestito dalla Caritas diocesana. A livello territoriale, infatti, grazie al supporto delle realtà del terzo settore, gli enti locali riescono a garantire interventi di accoglienza integrata che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico. Sospese tutte le azioni di orientamento che richiedono una presenza fisica o spostamenti da parte delle persone, si procede – riferisce il sito del settimanale diocesano, Frontiera (frontierarieti.com) – “approfittando delle risorse telematiche. Come per le lezioni a distanza di lingua italiana, per le videochiamate per l’ascolto di storie e bisogni, per l’assistenza sanitaria”. L’accoglienza dei migranti e il percorso di integrazione richiedono spesso attività semplici e pratiche che attengono alla vita quotidiana: “sottoscrivere un contratto di affitto o per la fornitura di un servizio, comprendere i propri diritti e doveri in un rapporto di lavoro, aprire un conto corrente in banca o alle poste, rinnovare il permesso di soggiorno o chiedere un ricongiungimento familiare. Nell’impossibilità di muoversi, si cerca rimediare a queste necessità con altri strumenti, soprattutto con il telefono”.
“Un universo complesso di uomini e donne che come tutti rispettano le indicazioni sanitarie per evitare di diffondere il contagio”, spiega Antonella Liorni, responsabile del servizio. “I primi tempi ci stupivamo quasi della cura con cui i nostri assistiti seguivano le indicazioni del Governo e anche della loro tranquillità di fronte a questo pericolo invisibile. Il fatto è che in diversi Paesi di provenienza le epidemie non sono rare come dalle nostre parti e dunque una qualche abitudine ad accettare le indicazioni di prevenzione può essere un dato acquisito”. E poi, conclude la responsabile, “di fronte a certi vissuti drammatici e ai viaggi della speranza compiuti attraversando l’Africa per riuscire infine a sbarcare sulle coste italiane, starsene chiusi al sicuro, in casa, indossare qualche mascherina e prestare più attenzione del solito a quello che si fa non è poi così male”.

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