Intelligenza artificiale: don Ciucci (RenAIssance) al Cuc, “Non bisogna pensare a come limitarla, ma a cosa ne vogliamo fare per costruire del bene”

(Foto Muolo/Sir)

“Come si coniuga l’intelligenza artificiale con l’etica? Non mettendo dei paletti, ma indicando una strada”. Ne è convinto don Andrea Ciucci, coordinatore di Segreteria della Pontificia accademia per la vita, nonché segretario generale della Fondazione vaticana RenAIssance. Il sacerdote è intervenuto oggi pomeriggio, a Roma, all'”Incontro delle Palme” dei borsisti del Centro Universitario Cattolico (Cuc), presso l’Istituto Maria Santissima Bambina. Quest’anno, i partecipanti si sono confrontati sul tema “Antiqua et nova. Il rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana”. L’appuntamento, moderato da Ernesto Diaco, direttore dell’ufficio nazionale per la scuola e per l’insegnamento della religione cattolica, è storicamente caratterizzato da attività che mirano alla crescita culturale e alla formazione spirituale dei borsisti, nel quadro delle finalità del Cuc: aiutare giovani studiosi a diventare esperti autorevoli e testimoni credibili del Vangelo nel mondo accademico e nella cultura contemporanea. “I paletti sono utili, perché altrimenti si rischia di deragliare, ma non bastano – ha spiegato don Ciucci -. Un’etica di riduzione del danno, quella che viene applicata attualmente, non è sufficiente. Credo che questa trasformazione digitale ponga la questione invece di un’etica che indichi una strada da percorrere. Dove vogliamo arrivare oggi? È di questo che si dovrebbe parlare quando si parla di intelligenza artificiale. Non bisogna pensare a come limitarla, ma a cosa ne vogliamo fare per costruire del bene”. In questo senso, ha sottolineato il sacerdote, “Antiqua et Nova e anche altri documenti vaticani si pongono proprio questa domanda. Non si limitano a dire di stare attenti ai pericoli, ma si pongono la questione di come utilizzare queste tecnologie. Come Chiesa – ha continuato -, dobbiamo abitare questo nuovo spazio senza difenderci, perché abbiamo una saggezza da offrire, aprendo spazi di riflessione. Abbiamo una tradizione del passato che ci permette di contribuire all’elaborazione del futuro”. Quindi, “serve un approccio transdisciplinare, che metta a confronto diverse modalità di vedere il problema. Questa è una transizione che attraversa l’intera vita umana in tutti i suoi campi. Abbiamo bisogno – ha concluso don Ciucci – di una prospettiva unitaria per pensare il futuro della società e del pianeta”.

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