Alcuni commenti letti sui social alla notizia della concessione di spazi – non adibiti al culto – al Centro islamico bengalese di Prato lo hanno colpito e anche amareggiato. Così il vescovo di Prato, mons. Giovanni Nerbini, ha deciso di spiegare nuovamente le ragioni di questa scelta. Lo ha fatto con un intervento pubblicato sull’ultimo numero di Toscana Oggi – La Voce di Prato in uscita questa settimana. “Ho cercato di comprendere il disagio e la contrarietà di alcuni fedeli che vedono in questa disponibilità un ‘cedimento’, quasi una ‘resa’ di fronte ad altri culti ritenuti ‘aggressivi’, un pericolo per l’esistenza stessa delle fede cristiana e della Chiesa – scrive mons. Nerbini –. In realtà, un vero fedele deve custodire il solo timore di non saper amare sufficientemente il Signore, di rinnegare nei fatti il Vangelo e di perdere la capacità di seguire Gesù, evitando al tempo stesso, di chiudersi, arroccarsi in difesa guardando agli altri con sospetto perché colpevoli di minacciare la libertà dei cristiani e la missione della Chiesa”.
Domenica scorsa, 30 marzo, circa cinquecento musulmani bengalesi residenti sul territorio pratese si sono ritrovati nel cortile interno del complesso di San Domenico per celebrare la fine del Ramadan. La comunità aveva chiesto alla diocesi di Prato di poter utilizzare degli spazi per la preghiera e il vescovo ha accordato la possibilità di riunirsi nell’ex convento, in un’area all’aperto solitamente usata come parcheggio. Dopo aver celebrato il rito, una delegazione del Centro islamico, guidata da due Imam, si è incontrata in piazza Duomo con mons. Nerbini per ringraziarlo della concessione. “Insieme hanno bevuto un caffè ai tavolini di un bar ed è nato in modo semplice e spontaneo un dialogo improntato alla reciproca conoscenza”, informa la diocesi.