“Si intravede una lieve crescita della spesa sanitaria, ma si tratta di stime previsionali che non modificano la sostanza: la quota di ricchezza nazionale destinata alla sanità, già insufficiente, resta invariata nei prossimi anni, confermando il cronico sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale”. Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, commenta i dati sulla spesa sanitaria contenuti nel Documento di finanza pubblica (Dfp) approvato lo scorso 9 aprile dal Consiglio dei ministri e incentrato sulla verifica dei risultati conseguiti nell’attuazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psbmt) 2025-2029, deliberato lo scorso 27 settembre.
“Il Dfp 2025 certifica, per l’anno 2024, un rapporto spesa sanitaria/Pil pari al 6,3%, in lieve aumento rispetto al 2023 (+0,1 punti percentuali)”, si legge in una nota della Fondazione. La spesa sanitaria ammonta a 138.335 milioni di euro, con una crescita del 4,9% rispetto ai 131.842 milioni del 2023. “Tuttavia – osserva Cartabellotta – l’incremento di 6.493 milioni di euro tra il 2023 e il 2024 è dovuto per oltre la metà (3.257 milioni) alla spesa per il personale dipendente. Un aumento in gran parte riconducibile agli oneri accantonati per i rinnovi contrattuali del personale sanitario relativi al triennio 2022-2024″. Nel 2025, prosegue la nota, il rapporto spesa sanitaria/Pil è stimato al 6,4%, in lieve aumento rispetto al 6,3% del 2024. In termini assoluti, la spesa sanitaria prevista ammonta a 143.372 milioni di euro, con un incremento di 5.037 milioni (+3,6%) rispetto all’anno precedente”. Per il biennio 2026-2027, il Dfp 2025 prevede un incremento medio della spesa sanitaria del 2,85% l’anno: 149.820 milioni nel 2026 e 151.635 milioni nel 2027 (+1,2% rispetto al 2026).
A completamento della prossima Legge di Bilancio, il Dfp 2025 indica 32 provvedimenti collegati, tra cui due direttamente riferiti alla sanità: “Riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale nel Ssn e dell’assistenza ospedaliera” e “Delega in materia di riordino delle professioni sanitarie e degli enti vigilati dal ministero della Salute”. “Le riforme affrontano i nodi strutturali più critici – chiosa Cartabellotta – , ma la riorganizzazione dell’assistenza territoriale è fortemente condizionata dalla gravissima carenza di personale infermieristico e da un ruolo del medico di famiglia ancora non ben definito. Inoltre, al di là del riordino delle professioni sanitarie, la vera emergenza resta la fuga dei professionisti dal Ssn: per restituire attrattività servono anche (ma non solo) risorse consistenti, che attualmente non sono disponibili”.