Diocesi: Adria-Rovigo, ieri sera un incontro sul carcere minorile. Mons. Pavanello, “costruire una rete che accolga l’Ipm e contribuisca a farne un luogo di rinascita”

“È nella comunità e attraverso l’opera della comunità che si possono mitigare i danni creati dal reato, dare un senso a quel che è accaduto, fare in modo che non debba più accadere, anche aiutando chi ha provocato un danno a costruirsi condizioni e relazioni positive, che trasformino e prendano il posto di quelle entro cui aveva agito il comportamento delittuoso. Ciò è ancor più vero quando parliamo di minorenni, soggetti che hanno davanti ancora tutta la vita e che non possiamo considerare già perduti”. Lo ha sottolineato, ieri sera, mons. Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria-Rovigo, concludendo la serata di confronto “E se fosse un’opportunità?” promossa dalla diocesi di Adria-Rovigo in vista della prossima apertura del nuovo Ipm di Rovigo.
“Come comunità cristiana abbiamo un compito profetico: il Vangelo infatti ci parla di un Dio che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Per questo siamo chiamati ad operare per offrire a chi ha sbagliato gli strumenti per riscattarsi sia da un punto di vista morale che sociale – ha osservato il presule -. Il Giubileo che stiamo celebrando in questo 2025 è l’annuncio per tutti di un nuovo inizio. Nella tradizione biblica il Giubileo è strettamente legato alla liberazione dei prigionieri: non una semplice amnistia, ma una vera rigenerazione anche di chi si è reso colpevole di fronte alla società”.
Per il vescovo, “l’apertura nella nostra città di un Ipm è un’opportunità: opportunità per maturare uno sguardo diverso, opportunità per crescere nella responsabilità e nella solidarietà, opportunità anche per accorgerci del disagio dei nostri giovani e per mettere in atto strumenti di prevenzione e di formazione. I giovani anche nella nostra città rischiano di essere invisibili e di comparire solo in momenti molto particolari di fronte ad eventi tragici o a emergenze puntuali, rientrando poi di nuovo nell’ombra”.
In particolare, tenendo conto che una percentuale significativa della popolazione delle carceri minorili è costituita da minori stranieri, mons. Pavanello ha richiamato “l’opportunità di prendere in seria considerazione le problematiche legate ai minori stranieri presenti nel nostro territorio: mi riferisco non solo ai minori non accompagnati, che costituiscono un fenomeno recente con implicazioni molto delicate, ma anche ai ragazzi e adolescenti figli degli immigrati, la c.d. ‘seconda generazione’, che necessitano di un’azione specifica di mediazione culturale e di inclusione, se vogliamo evitare che diventino nel prossimo futuro un serio problema sociale”. La sicurezza, ha aggiunto, “non si garantisce con la repressione, ma si previene con un’azione intelligente che crea relazioni e offre strumenti di integrazione, di conoscenza e di condivisione”.
“La Chiesa locale si mette a disposizione per offrire attraverso la Caritas diocesana uno spazio di incontro e di formazione per quanti sono disponibili a cogliere questa opportunità. L’iniziativa di questa sera è solo un primo appuntamento a cui ne seguiranno altri nei prossimi mesi: vi invito pertanto a rimanere ‘connessi’ per costruire insieme una rete che accolga il nuovo carcere minorile e contribuisca a farne un luogo di rinascita”, ha concluso mons. Pavanello.

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