“Siete chiamati a marcare la differenza dentro un universo nel quale lo spazio informativo è occupato in modo massivo da contenuti che hanno altre vocazioni”. Questa la consegna che oggi pomeriggio Mariagrazia Fanchi, direttrice dell’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha offerto ai giornalisti presenti al convegno “2025: A.I. confini della comunicazione” organizzato a Roma dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei in occasione della festa di san Francesco di Sales e del Giubileo del mondo della comunicazione.
Presentando “Le sfide della comunicazione oggi”, la docente è partita dai tre principi individuati da John Hartley nel 2015: tutti possono contribuire alla comunicazione mediale (indipendentemente dalle competenze professionali), la produzione mediale è decentrata (pluralità di luoghi diversi dai tradizionali baricentri del sistema mediale), il valore dei contenuti mediali si misura su nuovi parametri (capacità di emozionare più che la qualità professionale, facilità di accesso più che originalità e l’innovatività dei linguaggi). “Nel nuovo assetto dei media – ha osservato – il contributo dei fruitori ai processi di produzione dei contenuti è diventato per la prima volta irrinunciabile”. Lo ha confermato illustrando le statistiche di recenti ricerche dalle quali emerge, per esempio, che nel 2024 il 35% degli italiani adulti ha pubblicato con regolarità foto, video o altri contenuti. “La digitalizzazione – ha spiegato – ha abilitato gli utenti a contribuire all’iniziativa produttiva”. Questo ha fatto sì che “siamo immersi in un ambiente mediale riccamente arredato, per alcuni forse fin troppo”. Uno dei dati più preoccupanti e meno conosciuti è che “in un minuto di vita della rete, in media, ciascuno di noi mette a disposizione più di 100 informazioni sulla sua persona”. Cercando di rispondere all’interrogativo “Come governare il processo di cambiamento?”, Fanchi ha sottolineato che “lo scenario che dobbiamo comprendere e governare è caratterizzato da abbondanza dell’offerta, ridondanza e saturazione, possibilità di personalizzazione, processo di datificazione, standardizzazione e controllo, possibilità illimitate di archiviazione, perdita del diritto all’oblio”. “Il processo di decentralizzazione – ha continuato – ha come esito anche la degerarchizzazione dei contenuti e delle fonti”. Lo attesta il fatto che “dal 2020 i motori di ricerca sono diventati i principali strumenti di informazione, superando nella percezione dei fruitori per affidabilità i media tradizionali. I social media sono i canali ‘meno affidabili’ ma i più utilizzati per l’aggiornamento informativo”. “È cresciuta la fiducia riconosciuta nei social media e nei canali proprietari”, ha spiegato, aggiungendo che “c’è un trend di crescita nell’utilizzo dei social media come fonte principale di informazione”, tendenza che è più forte tra i giovani. Ma con il loro utilizzo “si sta generando un crescente senso di inadeguatezza e un fortissimo senso di frustrazione: anche la ricerca svolta nel 2024 per il ministero delle Imprese e del Made in Italy lo dimostra, soprattutto tra i più giovani; il 75% degli 8-15enni si è dichiarato spesso frustrato e insoddisfatto dalle proprie esperienze in rete per via di contenuti e persone che i ragazzi reputano inadeguati per loro”. E “gli adulti, in larga maggioranza, riguardo a politica o salute hanno dichiarato di aver fruito di contenuti falsi o distorti”. “La portata dei cambiamenti che investono il sistema dei media e la loro velocità e trasversalità genera un clima di diffusa incertezza, accentuato dall’ingresso dell’intelligenza artificiale generativa”, ha rilevato la docente: “Ci hanno messo in mano uno strumento potentissimo di cui ancora non ci è consentito capire gli effetti dell’utilizzo”. Fanchi ha poi elencato le principali sfide dell’AI generativa per le attività di comunicazione: garantire autenticità, garantire il valore della creatività umana, garantire la rilevanza del contenuto, proteggere le informazioni societarie, tenere il passo con l’aggiornamento dell’AI, correggere i bias (pregiudizi) e le distorsioni/falsificazioni anche involontarie, identificare i contenuti generati con l’AI, superare le resistenze all’utilizzo. Siamo di fronte ad “uno strumento straordinario” che ci fa vivere “un momento che offre possibilità ma che pone sfide che non è detto saremo in grado di affrontare”. Nel mare magnum informativo, “tra i giovani – ha affermato rispondendo ad una domanda – è molto forte il desiderio e il bisogno di informarsi con contenuti buoni, ma sono bloccati – come d’altronde gli adulti – dalla difficoltà di orientarsi. Un fenomeno che si registra è quello che si ‘rifugiano’ in gruppi piccoli – come su WhatsApp – per la condivisione di contenuti perché li rassicura”. Da Fanchi, poi, una considerazione sul giornalismo: “Che la categoria dei giornalisti non goda di buona salute non lo scopriamo oggi. Mi ha colpito e preoccupato la caduta verticale di accessi al Master di giornalismo, mentre cresce la domanda per diventare content creator. Chi scrive contenuti per i media non vuole fare il giornalista”, categoria quest’ultima per la quale “la professionalità consente di condividere contenuti originali e che attingono a fonti certificate”. Sui content creator, invece, ha rilevato che “una larga parte di chi esprime talento creativo potrebbe essere portato verso una posizione positiva e produttiva. Ma le piatteforme che ospitano questi ‘talenti’ li obbligano a sposare una logica biecamente commerciale”. Si rende necessario un “intervento sulle piattaforme, editori che negli anni hanno identificato in questo ambito anche una fonte di guadagno, in modo che le logiche possano cambiare”.