Papa Francesco: Falasca (vaticanista), “la sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”

Che “la Chiesa ricominci a diventare sinodale”, secondo l’indicazione di Papa Francesco, “non è una scelta personalistica e discrezionale, un optional o un escamotage organizzativo, ma è il dinamismo proprio che lo Spirito Santo infonde alla Chiesa di Cristo, attraverso cui la guida fin dal principio e per il quale l’attuale Successore di Pietro ha affermato nel 2015 – commemorando il cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi a opera di Paolo VI – che ‘il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del Terzo millennio’”. Lo sottolinea la vaticanista Stefania Falasca nella serie “Io seguo la Chiesa” proposta da Avvenire a cadenza settimanale in un viaggio attraverso i temi centrali dei dieci anni di pontificato di Papa Francesco.
Se “ci è voluto questo tempo per rendersi conto che la Chiesa è costitutivamente sinodale senza cessare di essere costitutivamente gerarchica”, “a oltre cinquant’anni di distanza dal Concilio molti restano i passi da compiere in questa direzione. E Papa Francesco ha voluto fare del Sinodo non più un evento isolato ma un processo che avviene nel tempo, per tappe”.
“ La Chiesa sinodale ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo”, ha affermato Papa Francesco in un discorso che il 18 settembre 2021 ha rivolto alla sua diocesi di Roma. E lì, evidenzia Falasca, ha ribadito che “la sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. E quindi “quando si parla di Chiesa sinodale si deve evitare di considerare che sia un titolo tra altri, un modo di pensarla che preveda alternative. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica – ha detto –, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante manuale di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli”. Dunque, ha spiegato il Pontefice, “tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. I ministeri, allora, erano ancora considerati autentici servizi. E l’autorità nasceva dall’ascolto della voce di Dio e della gente – mai separarli! – che tratteneva ‘in basso’ coloro che la ricevevano. Il ‘basso’ della vita, a cui bisognava rendere il servizio nella carità e nella fede”. E ancora: “Noi saremo Chiesa se procederemo su questa strada… Ci saranno sempre discussioni, ma le soluzioni vanno ricercate dando la parola a Dio e alle sue voci in mezzo a noi; pregando e aprendo gli occhi a tutto ciò che ci circonda; praticando una vita fedele al Vangelo; interrogando la Rivelazione secondo un’ermeneutica pellegrina che sa custodire il cammino cominciato negli Atti degli Apostoli”. Questa ermeneutica “è cominciata con il primo Concilio degli Apostoli: ‘Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi’”, ha rammentato Francesco. “È quanto dissero gli Apostoli e i responsabili della Chiesa di Gerusalemme chiudendo il primo Concilio della storia della Chiesa”, osserva la vaticanista. “Questo – ha dichiarato il Pontefice – è l’orizzonte di autentica conversione pastorale e missionaria entro cui considerare anche il Sinodo attuale”. Ma, conclude Falasca, “forse più di altri la portata di questa fondamentale dimensione ecclesiale l’hanno avvertita quanti avversano il Papa ideologicamente, così come hanno fatto con il Concilio Vaticano II, scambiando le ‘tradizioni’ di una generazione fa con la grande Tradizione a cui non solo il teologo domenicano Yves Congar riservava la maiuscola e della quale il Concilio è frutto e sviluppo nella comprensione del Vangelo”.

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