Assunta: card. Betori (Firenze), “essere cristiani non significa negare ciò che ci appartiene come uomini, ma sapere che esso ha un destino divino ed eterno”

“Nel mistero dell’assunzione di Maria al cielo ci è dato di contemplare il senso dell’opera di salvezza attuata dal suo Figlio, che proietta l’umanità verso quel destino divino cui l’aveva indirizzata il suo essere stata creata a immagine e somiglianza del Creatore, un termine che gli uomini avevano perduto a causa del peccato. Cristo ci salva perché ci rigenera a questo destino soprannaturale, non malgrado la nostra umanità ma in essa e attraverso di essa”. Lo ha detto, ieri, il card. Giuseppe Betori, in occasione della messa celebrata in cattedrale per la solennità dell’Assunta.
“Qui si svela l’assoluta distanza del cristianesimo da quella natura alienante con cui vorrebbero etichettarlo gli umanesimi atei della modernità e dell’era contemporanea. Il cristianesimo è tutt’altro che un’alienazione, proprio perché ciò che viene salvato è lo spessore umano della persona e della società. Essere cristiani non significa negare ciò che ci appartiene come uomini, ma sapere che esso ha un destino divino ed eterno. Lungi dal disattendere i nostri compiti umani, lungi dall’indurre a un disimpegno nei confronti della storia, la fede cristiana aiuta invece a porre le vicende umane nel loro orizzonte proprio, che è quello eterno, di una eternità che non significa porsi fuori del tempo, ma aprirsi al suo compimento”, ha spiegato il porporato, per il quale “sta qui la radice ultima della dignità della persona umana, per cui la fede ci invita a combattere anzitutto contro la massificazione spersonalizzante, a cui vorrebbe condannarci la società dei consumi, e contro l’anonimato conformista, a cui vorrebbe aggregarci la comunicazione dei social. Ma la dignità della persona destinata all’eternità del cielo è anche richiamo a un impegno senza limiti per redimere tutte le situazioni di disumanità, di povertà e di emarginazione in cui versano tanti uomini e donne tra noi e nel mondo”.
In quest’ottica il cardinale ha condiviso “l’ansia e la speranza con cui continuiamo a seguire la scomparsa della piccola Kata, un crimine che si è consumato in un contesto di emarginazione di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili”. La stessa preoccupazione “va nutrita verso le condizioni di abbandono in cui versa il nostro carcere di Sollicciano, così come altri penitenziari nel Paese, di cui sono tragici segnali i numerosi suicidi”. Infine, merita sottolineare come difendere la dignità umana “esiga di combattere la manipolazione della verità che si consuma nell’assuefazione al politicamente corretto, nella divulgazione delle fake news, nel conformismo culturale, nella decostruzione della figura dell’umano e del suo rapporto con l’ordine naturale”.
In quanto destinate all’eterno, “le cose di questo mondo non sono indifferenti per il cristiano”: “Non deve pertanto meravigliare se i cristiani si trovano a difendere le radici profonde delle realtà umane, quando esse sono minacciate, in prima fila a custodirne consistenza e integrità”.
“Vale per la vita umana, dal concepimento al suo naturale declino, come anche per la famiglia perno della comunità, per la dignità di ogni persona in tutte le sue fondamentali espressioni e nel riconoscimento dei suoi diritti primari compreso quello alla libertà culturale e religiosa”, ha concluso il card. Betori.

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