Parrocchie: don Montisci (Ups), “capacità di accoglienza e inclusione in un territorio si esprime nei rapporti diretti con tutti i suoi abitanti”

(Foto SIR)

“La contrazione numerica dei presbiteri incide notevolmente sulla gestione delle parrocchie. Le nuove presenze di Chiesa – unità pastorali, zone pastorali, ecc. – stentano a trovare spazio in un contesto ecclesiale assuefatto alla presenza capillare delle parrocchie”. Lo ha detto Ubaldo Montisci, docente di Metodologia catechetica e formazione all’Università pontificia salesiana, che, intervenendo oggi a Milano alla conferenza su “Disabilità e appartenenza” promossa dal Servizio Cei, si è soffermato sulla parrocchia come “comunità che accoglie” richiamando anche gli elementi di criticità attuali. “La capacità di accoglienza e inclusione della parrocchia in un territorio si esprime nel tessere rapporti diretti con tutti i suoi abitanti, cristiani e non cristiani, partecipi della vita della comunità o ai suoi margini”, ha osservato don Montisci, mettendo in guardia dal “clericalismo” che “si manifesta nella tendenza a concentrare nelle mani dei presbiteri – pochi, che divengono sempre di meno – l’insieme delle incombenze che la parrocchia richiede; a ciò si aggiunge, talvolta, la mancata valorizzazione degli organismi di partecipazione parrocchiale, quando presenti”. Dopo aver evidenziato il rischio che la moltiplicazione degli incarichi può  portare ai parroci, che li espone “all’impossibilità di essere pastori come vorrebbero, costretti come sono a correre di qua e di là, trascurando molte cose o agendo in modo affrettato”, don Montisci ha concluso: “Eppure, si fatica a prendere in seria considerazione la possibile partecipazione dei laici, nel rispetto dei ruoli e dei diversi gradi di responsabilità, alla vita della parrocchia”.

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