Suicidio assistito: Centro Livatino, Forum sociosanitario e Mpv, “non violare essenza costitutiva professione medica, ossia tutela vita e salute”

“Se la legge 219 rinvia alla ‘deontologia professionale’ e la sentenza 242 richiama la ‘coscienza del singolo medico’, vuol dire che le regole della disciplina medica hanno un loro peso e non sono in tutto subordinate a quelle della legge dello Stato: perché allora cambiarle, o integrarle, riprendendo la lettera – controversa e opinabile – della sentenza 242?”: se lo domandano, in una nota, il Centro studi Rosario Livatino, il Forum delle associazioni socio sanitarie e il Movimento per la vita italiano esprimono, a proposito degli “indirizzi applicativi dell’articolo 17” del Codice deontologico medico, approvati dal Consiglio nazionale della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) facendo seguito alla sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale sul suicidio assistito. “Comportarsi come se le disposizioni deontologiche fossero per intero sottoposte alla legge significa per un verso avallare una visione statalistica del diritto, negando rilievo all’autonomia dei gruppi sociali – fra i quali gli Ordini professionali – e quindi al pluralismo dell’ordinamento; per altro verso delineare una sorta di ‘etica di Stato’, con la subordinazione a quest’ultimo di quella coscienza che chiama in causa la professionalità e l’autonomia del medico”. Per il Centro studi Livatino, il Forum delle associazioni socio sanitarie e il Mpv, “non può essere una legge dello Stato o una sentenza della Consulta a stabilire che cos’è la professione medica, prescindendo dalle norme di tradizione plurimillenaria che l’Ordine ha maturato al proprio interno: non può esserlo senza ledere al tempo stesso l’etica del medico e quella relazione con l’Ordine di riferimento su cui si fonda la fiducia dell’assistito”. L’invocato “raccordo” tra norme deontologiche e norme giuridiche “non può giungere a violare l’essenza costitutiva della professione medica: tutela della vita e della salute, sollievo dalla sofferenza. Per tutto questo auspichiamo sul punto un opportuno ripensamento e, comunque, la non archiviazione di un dibattito sull’etica della professione sanitaria, oggi ancora più importante rispetto al passato”.

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