Diocesi: Treviso, su presunti abusi in Seminario 30 anni fa c’è “volontà di chiarezza, trasparenza e verità”

“È con dolore ma anche con serenità che stiamo procedendo per valutare i passi da fare, in tutte le sedi”. Il vicario generale della diocesi di Treviso, mons. Adriano Cevolotto, interviene così sulla vicenda della segnalazione di presunti abusi che sarebbero avvenuti circa 30 anni fa nel Seminario vescovile di Treviso, denunciati da un uomo allora maggiorenne.
“Ribadendo la volontà di chiarezza, trasparenza e verità, esprimiamo la nostra fiducia nei confronti dei due sacerdoti coinvolti e del loro lavoro, che è una fiducia in tutto il presbiterio diocesano”, ribadisce mons. Cevolotto. Una fiducia che è confermata anche “nei confronti dell’ambiente del Seminario, che nel corso degli anni ha saputo dimostrare un impegno e una serietà nell’accompagnare tanti giovani, nel discernimento vocazionale, che non sono mai stati messi in dubbio”.
Nessun ritardo eccessivo nella risposta e nella disponibilità all’incontro, semplicemente impegni istituzionali del vescovo, come la visita pastorale alla missione in Ciad, spiega il vicario. Di certo, dopo aver ricevuto la lettera, il vescovo si è attivato per raccogliere gli elementi necessari e affrontare la questione con tutta la serietà del caso.
“Il primo incontro con mons. Michele Tomasi, fissato a inizio febbraio, è stato posticipato dall’interessato, non dal vescovo, disponibile fin da subito all’accoglienza e all’ascolto, mentre all’incontro della prossima settimana la persona ha scelto di rinunciare e di agire diversamente”, viene chiarito nella nota della diocesi.
La lotta agli abusi nella Chiesa portata avanti con fermezza da Papa Francesco è importantissima e vede impegnata la diocesi di Treviso, insieme a tutte le diocesi, per l’ascolto, l’accoglienza, il rispetto, per la trasparenza e per la verità. “Una verità – ribadisce il vicario – e un rispetto che dobbiamo anche alle persone e alle Istituzioni accusate, che hanno diritto di fare i passi necessari per difendersi e tutelare la propria onorabilità”.

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