Per il mondo ortodosso Nicea ha un significato molto importante. Athenagoras Fasiolo, vescovo ausiliare della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia – nel panel “Confessare Gesù Cristo per l’ecumene, tra Nicea e oggi”, durante la 61ª sessione di formazione del Sae a Camaldoli –, ha rievocato l’invito di Gesù a battezzare ogni creatura che si estende dagli apostoli ai presbiteri, guide delle comunità fondate dagli apostoli, e ai vescovi come diretti interpreti della fede apostolica che si riuniscono nei Concili. Questa modalità mostrava la dimensione intercomunitaria aumentando l’autorità della loro testimonianza nel mondo in cui vivevano. Prima dell’indizione da parte di Costantino del Concilio del 325, la fede universale era espressa attraverso i Simboli battesimali. La Chiesa nascente aveva già coscienza della fede trinitaria, anche senza avere concetti ad hoc. Nicea rappresenta un cambio epocale. Si stabilisce un principio per cui i simboli battesimali non sono sufficienti, ma c’è bisogno di un simbolo universalmente riconosciuto basato sul criterio dell’ortodossia della fede di fronte a correnti neoplatoniche e nuove professioni di fede. Il Simbolo di Nicea codifica il discorso su Dio con atti che hanno un valore universale. Il Simbolo diviene fondante per la Chiesa cristiana. C’è una comprensione radicalmente nuova di Dio, un Dio personale e relazionale, che diventa accessibile come Padre, Figlio e Spirito Santo. La dimensione pneumatologica si svilupperà nel 381 con il Concilio di Costantinopoli. Nicea emana anche dei canoni ecclesiologici ed esprime una sinodalità che è una preziosa eredità in evoluzione.