L’impatto delle armi esplosive sulle popolazioni è drammatico: in Myanmar, il conflitto ha provocato massicci sfollamenti e interruzioni dell’istruzione a tutti i livelli, mentre in Ucraina tre anni di guerra hanno reso inaccessibili numerose strutture sanitarie. In Sudan, la crescente insicurezza ha costretto le agenzie umanitarie a ridurre le attività, lasciando quasi 25 milioni di persone senza assistenza adeguata. E in Siria, circa 15 milioni di persone vivono a rischio di morte o lesioni per residuati bellici esplosivi, che ostacolano il ritorno alla normalità. Lo evidenzia il Rapporto 2024 dell’Explosive Weapons Monitor, rete internazionale che include anche Rete italiana pace e disarmo. Secondo l’analisi, nel solo 2024 gli attacchi contro strutture sanitarie sono aumentati del 64% rispetto all’anno precedente, mentre quelli contro scuole e università sono più che raddoppiati. “Le armi esplosive non solo uccidono, ma lasciano dietro di sé cicatrici che durano anni”, denuncia Katherine Young, responsabile del monitoraggio per il rapporto. I danni a lungo termine alle infrastrutture essenziali compromettono il futuro delle comunità colpite, alimentando nuove ondate di povertà, instabilità e sfollamenti. La rete dell’Explosive Weapons Monitor invita gli Stati ad agire urgentemente per prevenire questi effetti devastanti, attuando misure concrete per proteggere le infrastrutture civili. “Non possiamo più tollerare l’uso sistematico di armi esplosive in aree popolate”, ribadisce la Rete italiana pace e disarmo.