Il tumore della vescica rappresenta tra il 90% e il 95% dei carcinomi uroteliali, è quindi la principale neoplasia del tratto urinario. Nel 2023 sono state stimate in Italia circa 29.700 nuove diagnosi (23.700 uomini e 6.000 donne), mentre sono 313.600 i soggetti viventi dopo una diagnosi di tumore della vescica (255.000 uomini e 58.600 donne). La sintomatologia, la diagnosi e la prognosi della malattia mostrano quanto sia essenziale un approccio di medicina di genere.
Se è vero, infatti, che gli uomini hanno un rischio maggiore di sviluppare il tumore della vescica, le donne presentano stadi più avanzati, con prognosi e outcome peggiori. Spesso le donne iniziano il trattamento per il cancro alla vescica con maggiore ritardo rispetto agli uomini. Secondo un rapporto pubblicato dal National Cancer Institute, i tassi di sopravvivenza per le donne con tumore della vescica sono inferiori rispetto a quelli degli uomini in tutte le fasi della malattia. I decessi stimati per il 2022 sono stati 8.300 (6.400 uomini e 1.900 donne).
E allora cosa fare? Questo il focus del convegno “Differenza di genere in medicina: il caso del carcinoma uroteliale” tenutosi a Roma e promosso da Isheo, con il contributo di Astellas.
“L’oncologia di genere rappresenta un aspetto emergente e sempre più rilevante nella personalizzazione delle cure oncologiche. Le differenze biologiche, ormonali e metaboliche tra uomini e donne influenzano, infatti, in modo significativo l’insorgenza, la progressione e la risposta ai trattamenti antitumorali. Tuttavia, il genere non incide solo sugli aspetti fisiologici della malattia, ma anche sulla prevenzione in oncologia, sull’accesso alle cure, specie se sperimentali e sulla gestione degli effetti collaterali. L’integrazione della prospettiva di genere nella ricerca clinica e nei protocolli terapeutici è essenziale per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’efficacia delle cure. Solo attraverso un approccio sensibile al genere possiamo garantire un’assistenza oncologica realmente personalizzata, equa ed efficace per tutti i pazienti. L’oncologia di genere non è un’opzione, ma un dovere scientifico ed etico per la medicina del presente e del futuro”. ha dichiarato Rossana Berardi, ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica oncologica all’Aou delle Marche.
Per Davide Integlia, general manager di Isheo, “riconoscere e affrontare le disuguaglianze di genere è fondamentale per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e garantire che tutte le persone ricevano trattamenti adeguati, tempestivi e personalizzati”.
“La consapevolezza attuale della centralità della persona affetta da cancro ci induce finalmente a partire dal vissuto, dai sintomi, dalle condizioni psicologiche e sociali per poi arrivare alla valutazione strettamente oncologica. Ed è proprio in questo nuovo modo di riflettere che emerge il gender gap nel carcinoma uroteliale, con differenze nell’ambito dei fattori di rischio, del ritardo alla diagnosi, della stadiazione iniziale e della risposta ai trattamenti oncologici. Sensibilizzare, accogliere, cambiare la rotta del cancro oltre che curare è il nostro prossimo obiettivo”, ha affermato Sarah Scagliarini della Uoc Oncologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli.