Migranti: mons. Trevisi (vescovo Trieste), “collaborazione, non conflittualità con le istituzioni”

“Collaborazione, non conflittualità con le istituzioni”. E’ questa la “rotta” da seguire per affrontare la questione dei “transitanti”, ossia dei migranti che scelgono la rotta balcanica per approdare nel nostro Paese e poi trasferirsi in Paesi limitrofi, dove hanno magari parenti o conoscenze. Ne è convinto mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste – città dove dal 3 al 7 luglio si svolgerà la 50ma edizione della Settimana sociale dei cattolici in Italia, sul tema “Al cuore della democrazia” – che ha portato la sua testimonianza durante la presentazione, a Roma, del Rapporto annuale 2024 delle attività del Centro Astalli, il centro dei Gesuiti per i rifugiati. Mons. Trevisi è arrivato da vescovo a Trieste un anno fa, e definisce quella che è ormai la sua città “una terra di frontiera, dove non c’è un confine vero, ma un confine poroso di gente che ha convissuto insieme per secoli e che poi le ideologie nazionaliste hanno portato a farsi la guerra, e a guerre civili con conseguenze inimmaginabili”. E proprio la città dove convivono popolazioni latine, slave e germaniche, oggi  è diventata il punto d’approdo di una rotta percorsa da tanti giovani e giovani famiglie con bambini. Il punto di ritrovo è piazza Libertà, dove c’è la stazione e dove si ritrovano tanti migranti e tanti aspettano il treno per ripartire verso altri Paesi, come la Germania o la Francia. Due terzi di questi “transitanti” – ha reso noto il vescovo – “non si lasciano registrare, nessuno li ferma e la mattina dopo vanno da altre parti”.  Per loro, proprio in Piazza della Libertà lo scorso inverno è stato allestito un dormitorio, e ora la diocesi – “senza nessun altro contributo, per restare libera” – ha allestito un secondo dormitorio notturno, grazie all’aiuto di 130 volontari che fanno a turno per distribuire un pasto e dei vestiti e per garantire le cure mediche essenziali, in collaborazione con altre persone della società civile che operano su quella stessa piazza.

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