Terra Santa: mons. Pizzaballa (patriarca) “dobbiamo superare la preoccupazione dei numeri, occorre avere la fiducia e la pazienza del seminatore”

“Ravvivare l’arte della catechesi e la formazione spirituale, sviluppare un rapporto più familiare con la Parola di Dio. Viviamo nella Terra Santa, che custodisce i Luoghi più Santi al mondo, noi però non sempre li conosciamo bene. In questo periodo in cui i pellegrini non possono venire, possiamo organizzare noi pellegrinaggi per incontrare l’umanità di Gesù, nella nostra Terra e nei nostri Luoghi Santi e fare belle e forti esperienze di fede. Non sono sicuro che tutti i nostri fedeli conoscano a fondo i Luoghi Santi o abbiano mai fatto un pellegrinaggio nella loro Terra Santa”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, durante la messa del 1° gennaio a Gerusalemme. Nell’omelia il patriarca ha lanciato un monito ai fedeli: “Non dobbiamo lamentarci sempre, rinchiuderci nelle nostre difficoltà. Sento di dover dire che siamo troppo spesso negativi su tutto. Mentre l’incontro con il Signore, nonostante le difficoltà, ci apre alla vita e alla gioia. È vero, siamo stanchi della situazione del mondo e spesso anche della Chiesa, logorati dai travagli della Terra Santa e di tutta la nostra regione”. Questo tempo, però, ha aggiunto, “nonostante tutto ci invita a rompere gli indugi e a camminare a grandi passi verso Colui che ci aspetta sulla via, che ci conduce alla vita. E dobbiamo superare la preoccupazione dei numeri, il desiderio di vedere immediatamente i risultati per le nostre azioni e iniziative: occorre avere la fiducia e la pazienza del seminatore”. Importante per Pizzaballa è “rafforzare i vincoli di comunione tra noi. Non fare gruppi chiusi per allearci contro qualcuno. Spesso parliamo dell’unione tra noi, tra le nostre Chiese, come di una necessità per affrontare le difficoltà esterne o gli eventuali nemici… Non può bastare questo. La comunione è coscienza di appartenenza, di un dono ricevuto, dove uno è parte dell’altro e l’altro parte di sé. La comunione tra noi ci dà la fiducia necessaria per aprirci ai nostri fratelli e sorelle cristiani che non sono cattolici, ma anche ai nostri vicini musulmani ed ebrei”.

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