Caldo: Coldiretti, il 2020 anno rovente ma è allarme grandine e rischi frane e alluvioni. Italia valorizzi ruolo attività agricola

Il 2020 è stato fino adesso di oltre un grado l’anno più caldo della media storica, con il 30% di pioggia in meno ma con una grandinata al giorno da nord a sud dell’Italia. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti su dati Isac Cnr in riferimento all’allarme maltempo lanciato dalla Protezione civile per Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna dopo le ultime tempeste di grandine e pioggia che hanno investito il Piemonte centrale e l’alto Molise.
“Siamo di fronte – sottolinea Coldiretti – alle conseguenze dei cambiamenti climatici anche in Italia dove l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai la norma”, con manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, che compromettono anche le coltivazioni nei campi con costi per oltre 14 miliardi di euro in un decennio.
Nell’ultimo mese, da nord a sud dell’Italia si sono verificati violenti nubifragi, con trombe d’aria, grandinate e bombe d’acqua che hanno causato pesanti danni a uliveti, ortaggi in pieno campo, frutteti, vigneti e tabacco ma anche a strutture rurali con tetti scoperchiati e serre divelte, con allagamenti, frane e smottamenti.
I cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua si abbattono – sottolinea la Coldiretti – “su un territorio reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono con il risultato che sono saliti a 7252 i comuni italiani, ovvero il 91,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni”. Coldiretti spiega che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni “ha fatto sparire oltre ¼ della terra coltivata (-28%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari”. Di qui la necessità che l’Italia difenda “il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola”.

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