“Da una terra di cicatrici, a cavallo e intorno ai due conflitti mondiali, vogliamo pensare a tutte le cicatrici del mondo, pensando che è possibile cambiare. Da questa linea di confine, abbiamo pensato a tutti i confini, da questa realtà di incontro abbiamo pensato a tutte le possibilità di incontro tra i popoli”. Così mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, ha sintetizzato sia il senso della “tre giorni” di lavoro a Gorizia, sia quello della Nota diffusa oggi per invocare la pace in Terra Santa. “Attraversare quella piazza nel punto esatto dove passava un confine tragico, che ha provocato 150 morti” – il riferimento alla Veglia di ieri sera in piazza Transalpina – “ha significato che un mondo diverso è possibile, perché la morte non può essere l’ultima parola”. “Rispetto a un dramma di questo genere, nessuno può dire di aver fatto il possibile”, ha detto il segretario generale della Cei rispondendo alle domande dei giornalisti sull’appello al governo e all’Europa rivolto nella Nota a proposito della situazione in Terra Santa, nella conferenza stampa a conclusione del Consiglio permanente della Cei a Gorizia. L’intenzione della Cei è “chiedere che si faccia il possibile per ristabilire la legalità e dare una prospettiva di stabilità, giustizia e libertà tra i due popoli, secondo la soluzione auspicata dalla Santa Sede dei due popoli e due Stati. Che due popoli vivano in pace in due Stati è possibile, ma dentro un coinvolgimento della comunità internazionale e all’interno del ripristino del diritto internazionale”. Quello della Chiesa italiana, in altre parole, “è un atteggiamento per la pace globale, non motivato da una situazione geopolitica: dove la gente soffre, deve essere garantita una situazione di libertà. A Gaza ci sono sofferenze ingiustificabili, intollerabili, inconcepibili: l’amore all’uomo comporta la denuncia di tutte quelle situazioni incompatibili con la dignità umana”. “La mobilitazione della Chiesa italiana è già in atto”, ha aggiunto Baturi a proposito del suo annunciato viaggio a Gerusalemme nei prossimi giorni: “Vado lì per portare fraternità alla comunità cristiana che soffre, perché l’aiuto possa essere per tutti, come fa la parrocchia di Gaza. Vado lì sapendo quanto grande sia l’attenzione del popolo italiano per questa sofferenza e perché questa sofferenza abbia termine”.