Pace: a Rondine “YouTopic Fest” con la testimonianza delle madri che persero i propri figli nell’attentato alla scuola di Berslan

Paola Cortellesi con le madri di Berslan (Foto Irene Funghi)

Donne, giovani e bambini: sono loro a pagare il prezzo più alto di ogni conflitto. E forse per questo sono anche i primi artigiani di pace. Lo raccontano oggi a YouTopic Fest, il festival sui temi del conflitto e della riconciliazione di Rondine Cittadella della pace, in provincia di Arezzo, le madri che persero i propri figli nell’attentato alla scuola di Berslan, nell’Ossezia del Nord, il 1° settembre 2004, ad opera di un gruppo di separatisti ceceni. “Circa 5 bambini vennero uccisi, 187 persero la vita in un’esplosione e 117 non furono mai identificati, tanto erano sfigurati i loro corpi”, hanno spiegato Susanna Dudieva e Aneta Gadieva, madri sopravvissute alla strage. Quel 1° settembre, come in tutti Paesi dell’ex Unione Sovietica era un giorno di festa: “È il primo dell’anno scolastico e genitori e bambini lo vivono insieme – hanno raccontato –: la più giovane tra noi aveva 5 mesi, la più anziana 88 anni”. I ricordi delle ore in cui furono tenuti in ostaggio, 52, senza bere né mangiare, hanno lasciato il passo nel corso della mattinata alle motivazioni per cui evitare la vendetta è stato per loro preferibile: “Conoscevamo chi erano i terroristi e da dove venivano, ma non volevamo che i nostri uomini infliggessero ad altri le sofferenze che stavamo vivendo noi”, hanno detto. Da qui il loro impegno come attiviste, “cammino – hanno raccontato – che non avremmo mai intrapreso, ma che portiamo avanti per chi abbiamo perso e per chi è rimasto”. Grazie a loro le vittime di quell’attentato hanno potuto ricevere assistenza medica e accesso a servizi sociali ed educativi, a Berslan è sorto un museo per custodire la memoria di ciò che è accaduto e in molti, anche dall’Italia, visitano in quel luogo la Città degli angeli, il cimitero nel quale, dopo tre mesi di funerali, sono stati posti i corpi dei giovani. Un dolore profondo quello custodito da donne, famiglie, e bambini sopravvissuti e oggi diventati giovani adulti, ma privo di rabbia e incredibilmente ricco di speranza. Anche per questo il Comitato delle Madri di Bersaln è stato candidato al Premio Nobel per la pace da parte dell’Italia e della Repubblica di San Marino. Altra donna protagonista della giornata, regista del film “C’è ancora domani”, che racconta l’Italia del secondo dopoguerra e il tema della violenza sulle donne, è stata Paola Cortellesi. “Una stortura culturale – ha detto – permette oggi che i femminicidi si consumino anche tra ragazzi molto giovani. C’è bisogno di inserire l’educazione all’affettività nei programmi scolastici come materia che faccia media. La famiglia è importante, ma non sempre riesce a fare fronte a questa sfida educativa». Per disinnescare altri conflitti interpersonali e costruire la pace dal basso, invece, rimane importante nella sua esperienza «l’ironia e l’autoironia. Prenderci in giro ci fa rendere conto della piccolezza di ciò che ci fa arrabbiare”. Come anche visitare Rondine: “Sono luoghi in cui si sperimenta come ciò che deve rimanere al centro è l’umanità delle persone”. Impegno questo di cui sono determinati ad essere artefici tutti giovani che passano dalla Cittadella e quelli che, dopo averci studiato in passato, rimangono in rete grazie al Rondine International Peace Lab, organizzatore di un panel dedicato all’obiettivo dell’Agenda Onu “Giovani, pace e sicurezza”. Tra i partecipanti, moltissimi studenti, interessati a capire come l’Italia si stia muovendo per la stesura di un Piano d’Azione nazionale “Giovani, pace e sicurezza”. “Siamo il nono Paese al mondo ad essersi mosso per realizzarlo e il secondo nel Mediterraneo” è stato spiegato da Cristiana Carletti, esperta giuridica presso il Comitato interministeriale dei diritti umani del ministero degli Affari esteri. “I movimenti giovanili verranno interpellati per delineare azioni a favore della sicurezza climatica, digitale, alimentare e di preservazione del patrimonio culturale”, ha affermato Carletti.

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