“Il Giubileo diventa un’occasione unica per riscoprire che, come cristiani, siamo chiamati ad essere seriamente ‘viandanti di speranza’. Tutto sarà possibile se saremo capaci di lasciarci incontrare dal Signore, risentire la sua voce che chiama, anche oggi, a seguirlo, toccare con mano quella fiducia pasquale che sana ferite, fa risorgere a nuova vita”. Lo ha detto, stasera, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, vescovo di Tricarico, nella messa di apertura dell’Anno giubilare, nella cattedrale di Tricarico.
“Lasciamo che Cristo, nostra vita e nostra speranza, viva in noi e attraverso di noi viva nei fratelli a noi affidati. Siamo chiamati ad essere ministri che celebriamo Cristo e non noi stessi, annunciando la vittoria di nostro Signore sulla morte. Mostriamo il volto della speranza e non della morte. I fedeli hanno bisogno di noi, di volti sorridenti, di sentirsi incoraggiati, di vedere in noi la gioia di vivere il nostro ministero e la nostra consacrazione con entusiasmo”, ha affermato, rivolto ai sacerdoti, diaconi, religiosi.
Nel tempo in cui “tutto si massifica e ci si adatta ad uno stile di vita omologato”, “sono tante le testimonianze di quanti, toccati dalla grazia divina, nonostante sofferenze di vario genere, malattie, ingiustizie, trovano la forza di trasformare quel dolore in celebrazione di partecipazione alle sofferenze di Cristo che vivono anche nel proprio corpo. Tutti siamo testimoni, consacrati e laici, dei grandi insegnamenti che ogni giorno riceviamo da fratelli e sorelle, piccoli, giovani e adulti che ci incoraggiano a vivere la nostra esistenza con coraggio, tenacia, ed entusiasmo”.
Per il presule, “non c’è gioia più grande di quando si restituisce dignità alla persona ammalata nel cuore, nella mente, nel corpo, aiutandola a liberarsi dal peso del dolore che l’affligge”. Eppure “spesso anche noi che celebriamo l’Eucaristia, la misericordia di Dio, mostriamo una fede mascherata da forme devozionali che vorrebbero mettere a tacere quanto la coscienza ci rimprovera o teme£.
Il Giubileo del 2025 diventa £una grande occasione, anche per i non credenti, a riscoprire che non siamo solo carne ma anche spirito. E lo spirito ha bisogno di essere nutrito perché la carne stia meglio, ricevendone grandi benefici”.
Possiamo riscoprire, così, “il rapporto imprescindibile che esiste tra fede e azione, per ridare speranza all’umanità che in questo momento sembra orfana di Dio. L’uomo lo ha messo da parte, assurgendosi a dio e ascrivendo a sé l’assurdo potere di decidere sulla vita e sulla morte”.
Sicuramente “durante questo Giubileo ci metteremo in cammino”, “cammino autentico di coloro che si mettono seriamente alla sequela del Signore che viene”. E, ha concluso, “il Signore si fa vedere nella carne di bambini, di giovani, uomini e donne, malati, anziani che aspettano nelle loro case o in ospedali e case di cura, in Rsa, una visita, una stretta di mano, un sorriso… Il vero pellegrinaggio è quello che, partendo da casa, ci fa uscire, attraversare strade ed entrare nei luoghi dove c’è la vita che ci aspetta: lì c’è il Signore”.