Pier Giorgio Frassati: card. Repole (Torino), “la sua testimonianza e la sua intercessione ci aiutino a essere vivi”

Pier Giorgio Frassati “era caritatevole con i poveri, ma non lo era di meno con i suoi genitori, con sua sorella, con le persone di servizio. Forse è da qui che egli ha compreso la differenza tra ‘vivere’ e ‘vivacchiare’: si ‘vive’ quando ci si sa avvolti dall’amore incessante, eterno di Dio, e si prova a respirare quell’amore in ogni momento della vita; si “vivacchia” quando si attraversa l’esistenza secondo canoni altri. Che la testimonianza e l’intercessione di Pier Giorgio ci concedano di essere vivi!”. Si è conclusa con queste parole l’omelia pronunciata ieri sera dal card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, nella cattedrale di S. Giovanni Battista in occasione della celebrazione eucaristica che ha presieduto nel centesimo anniversario della morte di Pier Giorgio Frassati. Messa culmine dell’Anno Frassatiano che era stato aperto il 4 luglio 2024.
“È commovente pensare che cento anni fa, esattamente, in questa nostra città di Torino, nasceva in modo definitivo alla vita di Dio Pier Giorgio Frassati e che questa sera siamo così tanti a celebrarlo. In mezzo ci sono questi cento anni, che hanno fatto di Frassati un giovane popolare, non soltanto a Torino, non soltanto in Piemonte, non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo”, ha osservato il porporato, sottolineando che “ciò che ha reso popolare Pier Giorgio è il fatto che, pur nella sua giovane e tenera età, è stato un autentico testimone di Cristo, del Cristo delle Beatitudini”. Ripercorrendo la vicenda umana e cristiana del prossimo santo, il card. Repole ha evidenziato che Frassati “ha compreso di vivere una vita sotto lo sguardo incessantemente amorevole di Dio. Se è stato un ragazzo amante della montagna, se è stato un leader, se è stato capace di diffondere la gioia, è perché ha percepito che la sua vita in ogni istante era avvolta dall’amore in atto di Dio. Un amore in atto che riscopriva in maniera particolare nel momento della celebrazione eucaristica, laddove percepiva che avvolgendo lui e avvolgendo anche le persone care, faceva di tutti una cosa sola”. “La carità – ha ammonito il cardinale – è la realtà più grande di tutte, che ci fa sentire immersi nello sguardo amorevole di Dio e ci fa sentire una cosa sola, anche se a distanza. Cosa che egli ha compreso molto bene, così come ha compreso che vivere questa carità, rivolgendola a tutti – a tutti, a cominciare dai suoi familiari, perché se non era così anche il suo servizio ai poveri non sarebbe stato autentico – vivere la carità è il modo di esprimere di essere abitati da Dio”.

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