
Arriva da Tabga, che si trova sulla riva del lago di Galilea, poco distante da Cafarnao, dal monte delle beatitudini e da Magdala, il messaggio di Pasqua del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton. A Tabga, sulla riva del lago, Gesù appare a Pietro e altri sei discepoli che stanno cercando di pescare, “quasi avessero archiviato la loro chiamata perché sopraffatti dalla morte del Maestro” ricorda il Custode. A Tabga “il Risorto appare e chiede ancora una volta di pescare quando ormai pescare è inutile. Chiede, cioè, di fidarsi di Lui, ancora una volta e fino in fondo. Perché solo Lui è capace di capovolgere i nostri fallimenti e di riempire i nostri vuoti”. A Tabga Gesù Risorto rivolge a Pietro “la domanda più importante, la stessa che fa a noi: ‘Mi ami più di tutto e più di tutti? Se mi ami davvero puoi ricominciare a seguirmi. Se mi ami davvero puoi cominciare a prenderti cura delle persone che ti affido. Se mi ami davvero potrai anche tu dare la vita fino in fondo, fino alla fine, come me’”. Da qui l’esortazione di padre Patton: “Se vogliamo celebrare la Pasqua, se vogliamo celebrarla in modo pieno, dobbiamo anche noi imparare a non restare imprigionati in una tomba vuota. Se vogliamo celebrare la Pasqua non possiamo restare imprigionati nei nostri fallimenti personali: sul piano umano come su quello religioso. Se vogliamo celebrare la Pasqua non possiamo nemmeno rimanere schiacciati sotto la pietra pesante delle circostanze in cui ci troviamo a vivere, che parlano di fallimento e di morte: guerre, pandemie, terremoti, crisi economiche, disastri naturali e disastri causati dalla nostra umana incoscienza e talvolta anche dalla nostra umana crudeltà”. “Gesù Risorto – ricorda il Custode – ha già vinto tutto questo e ci chiede soltanto: ‘Mi ami al punto di fidarti di me totalmente? ‘ Mi vuoi mettere di nuovo al centro della tua vita?’. Allora e solo allora ci potrà dire ancora una volta: ‘Seguimi, e prenditi cura delle persone che ti affido, e insieme a me impara a donare la tua vita’”. Allora e solo allora, conclude, “anche noi diventeremo capaci di riconoscerlo presente mentre non è più notte ma non è ancora giorno, e sperimenteremo che sperando in lui mai saremo delusi, ingannati o confusi, e potremo camminare fiduciosi, accompagnati da lui, nei sentieri del tempo verso la Pasqua eterna”.