Diocesi: Spoleto, celebrata la messa per i nati nel 2024. Mons. Boccardo (arcivescovo) ai genitori, “avete tra braccia l’opera più bella di Dio”

“Cari genitori siete qui con quei sentimenti di gioia e sorpresa per il grande dono che il Signore ha fatto alle vostre case, quello di una vita nuova. Ciò che avete tra braccia è l’opera più bella e più preziosa uscita dal cuore di Dio: ha messo nelle vostre mani il meglio che potesse fare”. Lo ha detto ieri mattina mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, accogliendo nella Cattedrale di Spoleto bambini, con i loro genitori, nonni o fratellini e sorelline, che sono nati nell’anno 2024 negli Ospedali di riferimento per il territorio della diocesi. Con loro e per loro il presule, insieme al vicario generale don Sem Fioretti, ha celebrato quella che è conosciuta in città come “Messa per i nati nell’anno”. “Voi – ha detto il presule nell’omelia –  vedendo questi bimbi che crescono e imparano a comunicare, esperimentate che il frutto del vostro amore è cosa molto buona. Ognuno di questi pargoli porta il segno di Dio che va custodito e fatto crescere con il vostro stile di vita e il vostro esempio. E siamo qui in chiesa per chiedere la luce e la benedizione di Dio perché crescano in età, sapienza e grazia. Ma siamo qui anche – ha detto ancora il presule – per assumerci una responsabilità grave, quella di educarli: non sono dei giocattolini, ma delle persone che hanno una coscienza che va custodita e fatta crescere. Educare a diventare grandi è, al tempo stesso, una bellissima avventura e un grave peso. La base di tutto è il buon senso interiore di noi educatori che rende capace di distinguere il bene dal male, il vero dal falso”. Al termine della Messa, tutti i presenti si sono recati in Piazza Duomo per lanciare in cielo, come da tradizione palloncini blu e rosa. “Questo gesto – ha detto mons. Boccardo – vuole essere un piccolo segno di pace che dice la nostra solidarietà e vicinanza ai tanti bambini della Terra Santa, dell’Ucraina, della Russia e degli altri focolai di guerra che non hanno più una casa e spesso nemmeno i genitori”.

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