“La Chiesa è sempre accanto a chi migra”. Pur nelle diversità delle situazioni e dei contesti in Europa, la sua missione prioritaria e comune è “tutelare la dignità umana, aiutare le persone a trovare canali sicuri e legali per l’immigrazione e soprattutto aiutarle nel grande lavoro dell’integrazione, che è la chiave di una buona riuscita degli spostamenti”. E’ don Luis Okulik, Segretario della Commissione Pastorale sociale del Ccee, a delineare al Sir le conclusioni di un incontro che si è concluso oggi, a Catania, della Sezione per le Migrazioni del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee). L’incontro ha riunito per tre giorni delegati delle conferenze episcopali e studiosi per analizzare le sfide della mobilità umana e rafforzare la tutela delle persone più vulnerabili ed è stato voluto a Catania dall’arcivescovo mons. Luigi Renna per offrire ai partecipanti un punto di osservazione diretto sulle dinamiche migratorie attuali. Facendo riferimento all’intervento introduttivo del sociologo Carlo Colloca che affermava che erigere muri in nome della sicurezza non garantisce protezione all’Europa, don Okulik osserva: “In effetti il modello cosiddetto “militarizzato”, diffuso alcuni anni fa, non ha sempre garantito né la sicurezza dei Paesi né la tutela della dignità delle persone. Da qui la sua insistenza sulla necessità di trovare percorsi alternativi. Uno di questi che è ben conosciuto nella Chiesa Cattolica e non solo, è l’accompagnamento dei migranti attraverso canali sicuri, come la “sponsorship” delle migrazioni promossa da Sant’Egidio e da altri organismi cattolici e non cattolici che hanno adottato questo modello. Negli anni sono stati sperimentati approcci diversi, alcuni più rigidi, altri più aperti. L’esperienza insegna che non esiste un modello unico: ogni Paese deve individuare la soluzione più adatta. Ciò che conta davvero è perseguire il benessere delle persone, sia dei migranti sia dei cittadini, evitando di concentrarsi esclusivamente su misure restrittive”. Parlando dei migranti e del lavoro che in Europa fanno le Chiese, il sacerdote osserva: “Ci troviamo di fronte a una grande varietà di storie umane. Di fronte a questa complessità, le Commissioni, la Chiesa Cattolica e chi lavora con i migranti cercano – come ricordava spesso Papa Francesco – di partire dalla persona concreta. Non si tratta di catalogare o individuare elementi comuni, ma di stare accanto a chi soffre e costruire, a partire dall’incontro personale, un percorso di aiuto che possa sostenere la persona e la sua famiglia”.