Parlamento Ue: seminario su libertà di stampa. A Strasburgo Saviano e Ranucci. Giornalismo a rischio

Nel giorno in cui a Strasburgo viene conferito il Premio giornalistico alla memoria di Daphne Caruana Galizia, il Parlamento europeo organizza un seminario per sensibilizzare sulla salvaguardia della libertà dei media. A inaugurare la discussione è la vicepresidente Pina Picierno, che ricorda “il coraggio, la sete di verità e l’incrollabile fiducia nella libertà di informare” della giornalista maltese uccisa nel 2018 per le sue inchieste sulla corruzione sull’isola mediterranea. “In Europa la libertà di stampa è un campo di battaglia quotidiano, sotto attacco da più fronti anche sotto nuove forme”, sottolinea Picierno, puntando il dito contro una propaganda che “non ha più bisogno dei carri armati ma degli algoritmi poiché le manipolazioni digitali non mirano solo a confondere i cittadini, ma a logorare la fiducia nella verità stessa”. Difendere chi indaga e racconta, conclude la vicepresidente, significa “difendere la possibilità per ogni cittadino di sapere, comprendere e scegliere”, compresa la tutela della “verità come bene pubblico”.
Ospiti del seminario organizzato dal Parlamento Ue, due giornalisti italiani simbolo dell’informazione sotto attacco: Roberto Saviano e Sigfrido Ranucci. L’autore di Gomorra, finito nel mirino dei clan camorristici, parte dal sottolineare le lungaggini burocratiche – “17 anni di processo” – intercorse dalle minacce ricevute fino alla sentenza definitiva da parte dei giudici: “Quando le organizzazioni criminali decidono di agire sanno che pagheranno le proprie conseguenze dopo decenni”, dice commentando la lentezza della giustizia “in Italia così come in tutta Europa”. Un funzionamento che finisce per incentivare a prendere di mira gli operatori dell’informazione anche con le cosiddette slapp, querele temerarie allo scopo di intimidire i giornalisti davanti alla prospettiva di dover pagare forti indennizzi. Un meccanismo che si ripercuote nelle scelte editoriali, come sostiene Saviano (“mancando il danaro, giornali e piattaforme preferiscono commentare le notizie di quelle realtà che ancora riescono di pagare gli avvocati ai loro giornalisti”), ma che si trasforma anche in delegittimazione civile e sociale. “Anche in Italia sta avvenendo l’isolamento dei giornalisti, si bersaglia l’individuo sul piano personale perché tutti si sentono in diritto di attaccare chi si espone ritenendolo responsabile del massacro che subisce”.
“Il diritto di informare e di essere consapevolmente informati dev’essere annoverato tra i valori inalienabili dell’umanità: senza di loro, non è possibile fare scelte indirizzate verso il bene comune”, mentre in merito alle querele intimidatorie contro i giornalisti Sigfrido Ranucci le definisce “uno strumento di delegittimazione che ha preso il posto delle pallottole”. Parlando dell’attentato dei giorni scorsi, il giornalista puntualizza: “Credo sia stato un atto dimostrativo, non so a cosa è finalizzato e questo è ciò che mi preoccupa di più. È da 3 o 4 anni che subisco costantemente attività di minacce e delegittimazione, ma mai fino a questo punto”. Quindi un appello all’Europa: “I giornalisti locali che subiscono mobbing e che subiscono pressioni dagli ambienti politici o dal proprio editore spesso non vengono neppure pagati. L’Ue si doti di strumenti più incisivi per far rispettare la tutela dei media nei singoli Paesi, altrimenti il rischio è di diventare poco credibili”. Infine, una promessa: “Se l’attacco voleva fermare il lavoro di Report, in realtà non ha fatto altro che ottenere l’effetto opposto, rafforzando tutta la squadra con cui lavoro”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori