Diocesi: Firenze, inaugurata la parrocchia di san Charbel dei libanesi maroniti. Card. Betori, “gesto fa crescere l’unità e si pone al servizio dei fratelli”

“Non è solo una chiesa che si riapre ma nasce oggi una comunità di credenti che intende vivere la propria fede in continuità con la sua antica storia e tradizione e secondo le forme liturgiche che le sono proprie. Tutto questo trova anche una forma giuridica specifica con il decreto con cui l’Arcidiocesi di Firenze erige presso questa chiesa di sant’Agata la parrocchia persona di san Charbel per quanti in Firenze appartengono alla Chiesa cattolica maronita”. Lo ha affermato ieri il card. Giuseppe Betori, amministratore apostolico di Firenze, durante la celebrazione con la quale è stata inaugurata la parrocchia di san Charbel dei libanesi maroniti, nella chiesa di Sant’Agata. Alla messa, presieduta dal patriarca maronita, card. Bechara Boutros El Rai, hanno partecipato anche alcune autorità libanesi. Il card. Betori ha consegnato al patriarca il decreto di istituzione della parrocchia di san Charbel per i fedeli della Chiesa cattolica maronita di Firenze.
Nel suo saluto, l’amministratore apostolico ha osservato che quello che si stava vivendo “è un momento che ha un particolare significato per Firenze, in quanto dopo decenni torna alla sua destinazione di culto questa chiesa di sant’Agata, che ha radici antiche e che recentemente è tornata nella disponibilità della nostra arcidiocesi”. Le radici antiche risalgono – ha spiegato – si collocano verso la fine dell’XI secolo. “Agli inizi monastero femminile camaldolese, verso la fine del XVIII secolo vi furono collocate le suore Montalve che ne fecero un educandato”, ha continuato, aggiungendo che “le soppressioni degli ordini religiosi napoleoniche e poi leopoldine trasformarono gli ambienti annessi a questa chiesa in Ospedale militare, funzione che continuò anche con lo Stato unitario italiano fino agli inizi degli anni duemila, con la chiesa adibita a luogo di culto per l’assistenza religiosa alle Forze Armate e poi chiusa”. “Finalmente – ha evidenziato – negli ultimi anni questo luogo è stato riconosciuto come proprio del patrimonio dell’arcidiocesi, che ne ha voluto la restituzione al culto e ha inteso affidarla alla comunità libanese in Firenze, che se n’è presa lodevole cura. Un grazie particolare va a quanti, membri della comunità, hanno ridonato splendore a questa aula mortificata da anni di abbandono”. Il card. Betori ha poi osservato che “tante sono le opere d’arte che adornano le pareti di questa chiesa, ma fra tutte domina la grande pala d’altare di Alessandro Allori che la terminò nel 1600, capolavoro della sua maturità artistica”. “La pala – ha commentato – raffigura le nozze di Cana di Galilea”, episodio evangelico che “dice come la presenza di Cristo porti la gioia tra gli uomini”, ha concluso: “È lui a dare sapore alla nostra vita tramutandola da acqua in vino. Oso affermare che noi oggi celebriamo per così dire le nozze tra la Chiesa maronita e la Chiesa fiorentina. Le celebriamo nella gioia che ci viene dal Signore ogni volta che un nostro gesto fa crescere l’unità e si pone al servizio dei fratelli. Sia questo lo spirito che ci anima oggi e che continuerà ad animare la presenza dei cattolici libanesi in questa città”.

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