Medio Oriente: card. Pizzaballa, “lavorare a cessazione ostilità e liberazione ostaggi israeliani e dei detenuti palestinesi”

(foto: Tv2000)

“Il ruolo della Santa Sede, e non solo della Santa Sede, è quello di creare spazi e contesti di facilitazione. Non è il nostro ruolo entrare dentro la mediazione soprattutto in realtà così complesse e problematiche, però creare i contesti le premesse perché questo possa avvenire”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, parlando con la stampa a margine della Lectio magistralis tenuta questa mattina alla Pontificia università Lateranense sul tema: “Caratteri e criteri per una pastorale della pace”. “Per la pace servono tempi lunghi – ha detto il cardinale esprimendo un concetto ribadito poco dopo anche nella sua Lectio – adesso dobbiamo lavorare per una cessazione delle ostilità, per un cessate il fuoco inteso come primo passo verso altre prospettive di carattere politico che però sono tutte da costruire”. “Certamente si sta parlando, si sta lavorando anche su questo – ha ammesso il patriarca latino di Gerusalemme – ma è molto difficile individuare percorsi e prospettive finché c’è il conflitto in corso, finché questa situazione non si ferma”. Stop che presuppone “la liberazione degli ostaggi da un lato e quella di almeno alcuni prigionieri palestinesi dall’altro e poi si vedrà”. Circa un intervento presso le autorità israeliane volto a scongiurare il temuto intervento israeliano a Rafah, il card. Pizzaballa ha affermato che “siamo presenti, ma adesso non è il momento di entrare nel particolare”.
Al termine della lectio il cardinale ha risposto ad alcune domande anche sulla situazione della piccola comunità cristiana a Gaza, “ora ridotta a 462 persone, sfollate nella parrocchia latina, mentre sono in 208 in quella ortodossa” di san Porfirio. “Le persone stanno male ma cercano di resistere, mancano acqua, medicine, tutti hanno perso la casa, ora c’è il problema anche delle malattie, alcune suore hanno contratto l’epatite per via dell’acqua sporca, il cibo scarseggia e si compra soprattutto al mercato nero a prezzi esorbitanti ma almeno qualcosa c’è. Abbiamo appena fatto pervenire anche noi degli aiuti”. Situazione critica anche nelle zone di Jenin, Nablus e nel villaggio di Zababdeh, dove si trova la parrocchia più grande della regione settentrionale della Cisgiordania. “È una zona molto calda dove il primo problema dopo il 7 ottobre è stato che molti permessi di lavoro sono stati cancellati. Gli ospedali sono lontani e i check point aumentati. Stiamo creando adesso delle job opportunites temporanee. Anche lì si riesce per il momento a resistere”.

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