Vocazioni: Cei, video-testimonianze per raccontare quattro storie. “La Verità per noi è Cristo”

(Foto Cei)

Quattro video, quattro storie per testimoniare la propria vocazione. A proporli per la 61ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni che si celebrerà domani 21 aprile, è l’Ufficio nazionale per la Pastorale delle vocazioni che scegliendo come tema della giornata “Creare casa”, intende cogliere l’invito di Papa Francesco a “creare ambienti adeguati nei quali sperimentare il miracolo di una nuova nascita”. “Anche la vocazione – spiegano dall’Ufficio per la Pastorale delle vocazioni – ha bisogno di un terreno buono perché possa attecchire e di una casa nella quale fare Eucarestia, ringraziamento e benedizione per la Parola ricevuta e il dono di quella fraternità che è offerta della propria vita perché insieme agli altri diventi feconda nella carità, a servizio di tutti. Come la vita, ha bisogno di trovare uno spazio accogliente per nascere, crescere e maturare”. Ed è quello che testimoniano nei loro video don Paolo Catinello, parroco ad Avola (Sr), “Non temere”, la figlia della Carità, suor Raffaella Spezio, “Desideravo essere felice”, suor Maria Chiara Ciccotelli, agostiniana, “Alzare lo sguardo verso l’alto”, e il salesiano don Francesco Andreoli, “Qualcosa di eroico”. I quattro protagonisti raccontano la nascita della loro vocazione, di come siano stati importanti la parrocchia e l’incontro con sacerdoti e altre persone di fede per capire “l’origine della sete” che avevano dentro e come soddisfare il loro “desiderio di felicità” scavando dentro se stessi e rispondere poi alla domanda “Cosa ha a che fare Dio con la mia vita?”. Nei video i quattro consacrati raccontano anche le difficoltà e la paura ‘sfidante’ della vocazione, la fatica e la gioia della loro missione, il loro servizio al prossimo, “aprire gli occhi su chi è fragile”, nella convinzione che la vita debba essere “sempre vocazionale ponendo domande all’altro senza parlare, vivendo con semplicità lasciandoci raggiungere da tutti sempre”. E raggiungendo gli altri con la preghiera offerta, “abitando la clausura”, “sporcandosi le mani” anche con il lavoro che diventa a sua volta preghiera. “Lo sforzo che la Chiesa deve fare non è tanto dare delle verità dall’alto, quanto farsi compagna di viaggio dell’uomo e delle donne di oggi, una Chiesa capace di inginocchiarsi davanti alle ferite dell’umanità e togliersi i sandali perché queste sofferenze sono terra sacra da avvicinare con delicatezza e rispetto. La verità per noi è Cristo, la cerchiamo insieme, non da maestri, ma da fratelli tutti”.

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