Disabilità: mons. Battaglia (Napoli), “necessario un cambio di prospettiva e un impegno concreto da parte di tutti”

“Molte persone con disabilità si trovano ad affrontare una realtà spesso di solitudine. E non di rado le politiche di welfare e di assistenza socio-sanitaria non sono pienamente integrate, non offrendo il sostegno psicologico e sociale necessario alle tante famiglie che ogni giorno lottano contro la solitudine e lo scoraggiamento. Per questo, è necessario un cambio di prospettiva e un impegno concreto da parte di tutti”. Lo ha detto mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, durante il Convegno nazionale “Noi, non loro” in corso a Scampia (Na) e promosso dal Servizio nazionale Cei per la pastorale delle persone con disabilità. “Dobbiamo passare dalla ipocrisia delle celebrazioni vuote di significato alla prospettiva di un noi, così forte da rispondere alla radice alla domanda angosciosa del dopo di noi”. “Per questo – ha spiegato –, il passaggio dall’io al noi è essenziale per abbandonare l’individualismo e passare al senso di comunità e solidarietà. Nel passaggio si coltiva un senso di appartenenza alla comunità partendo da chi rischia e da chi sta ai margini”. Mons. Battaglia ha parlato anche di un’esperienza personale, “di un maestro che mi ha insegnato la forza del ‘noi’. Si chiama Alfonso, è un ragazzo di 35 anni con la sindrome di Down. L’ho conosciuto il giorno del mio ingresso nella parrocchia di Sant’Agata dei Goti e l’ho voluto nella mia segreteria. Ha la capacità di conoscere tutti e fare rete intorno a sé. Abbiamo messo su insieme a lui e ad altre persone una cooperativa con diversi progetti. Alfonso così ha iniziato a lavorare; visto che non conoscevo le famiglie, mi accompagnava in giro facendomi da navigatore e condividendo intere giornate”. “Cosa sarà di Alfonso – ha chiesto infine il vescovo – quando tra molti anni i suoi genitori non si potranno più prendere cura di lui? Non lo so. Ma so che quel ‘noi’ continuerà a consolidarsi e diventare politica di comunità, pastorale, progetti, economia”. “Occorre essere fedeli al nome che scegliemmo della cooperativa: ‘I care’, mi sta cuore, mi interessa, come insegna don Milani”, ha concluso il vescovo.

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