Televisione: don Burgio (cappellano Beccaria), “Mare Fuori sta aiutando gli adulti a capire le sofferenze dei giovani”

“Il mondo adulto ha bisogno di guardare una serie così per capire qual è il disagio esistenziale dei ragazzi, cosa si muove in profondità. La realtà giovanile ha sofferenze profonde, che questa serie in qualche modo porta a guardare”. Cos don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, su “Mare Fuori”, popolarissima serie ambientata nel carcere minorile di Napoli, la cui quarta stagione è in onda in queste settimane su Raidue e già integralmente disponibile su RaiPlay.
Don Burgio, anche fondatore e presidente dell’Associazione Kayrós che gestisce comunità di accoglienza per minori, ha espresso la sua valutazione della serie durante l’incontro online “Mare Fuori. Non esistono ragazzi cattivi”, organizzato dal sito di recensioni in chiave educativa di serie tv Orientaserie.it, in collaborazione con l’associazione Oeffe (Orientamento Familiare). “Di questa serie apprezzo in particolare il valore positivo di alcune figure adulte – spiega ancora don Burgio -. Con i ragazzi del carcere minorile o ti esponi in prima persona, come il comandante Massimo o la prima direttrice Paola, oppure non li puoi intercettare. Occorrono figure di adulti che esprimano la legge ma che non si appellino solo alla legalità, riuscendo a umanizzare il rapporto, a mettersi in gioco, per entrare nella vita di questi ragazzi”.
Secondo il cappellano del “Beccaria”, le scelte estreme e totalmente negative dei giovani reclusi nel carcere in cui è ambientata la serie derivano spesso da condizioni familiari difficili, ma nessun genitore può ritenersi totalmente immune da una deriva di questo tipo. Basti pensare alla storia di Filippo, altra figura assai amata della serie: “Anche un ragazzo che proviene da una buona famiglia che ha trasmesso ottimi valori può avere un momento di forte disagio e ritrovarsi a commettere un errore grave”. Il giudizio di Orientaserie.it su “Mare Fuori” è quello di una serie capace di raccontare storie dove è sempre molto chiaro il confine tra bene e male e dove a ogni ragazzo recluso viene data una possibilità di rinascita attraverso un percorso – a volte molto doloroso – di pentimento e presa di coscienza del suo errore. Un percorso nel quale è decisiva la presenza di adulti che non smettono di credere in loro e di aprirgli inattesi percorsi di riscatto.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa