Sudan: Amnesty, “gli Stati confinanti forniscano percorsi sicuri a chi fugge dal conflitto”

Amnesty international ha sollecitato gli Stati che confinano con il Sudan ad annullare immediatamente le restrizioni all’ingresso nei confronti delle persone in fuga dal conflitto e ad assicurare protezione e incolumità alle quasi 500.000 persone già fuggite. Tra il 9 e il 16 giugno, Amnesty ha intervistato 29 civili sudanesi alle prese con due opzioni difficili: tornare in Sudan o rimanere bloccati lungo il confine con la prospettiva di attendere a lungo senza risorse basilari per preservare la loro salute, la loro riservatezza e la loro dignità. Alcune delle persone intervistate si trovavano a Wadi Hafa, presso il confine con l’Egitto, e a Port Sudan, sul mar Rosso. Altre avevano già superato la frontiera ed erano in viaggio, o intendevano mettersi in viaggio verso Addis Abeba (Etiopia), Juba e Renk (Sud Sudan), Cairo (Egitto), Dubai (Emirati Arabi Uniti) e N’Djamena (Ciad). “Permettere alle persone in fuga dal conflitto un rapido attraversamento della frontiera e mettere immediatamente a disposizione le procedure per chiedere asilo migliorerebbero la drammatica situazione umanitaria alle frontiere”, ha dichiarato Tigere Chagutah, direttore di Amnesty per l’Africa orientale e meridionale. “Gli Stati non dovrebbero vietare l’ingresso a coloro che fuggono da un conflitto perché privi di un visto o di un documento d’identità. Invece, le norme in vigore stanno creando ostacoli insormontabili per chi è in disperata necessità di salvezza e che così si trova in grave pericolo”, ha aggiunto Chagutah. “Le innumerevoli persone che sono riuscite ad attraversare i confini vivono una fase di incertezza e vulnerabilità. È difficile accedere alle procedure d’asilo o mantenere il loro status, quando l’avessero già avuto, dato che non posso rinnovare i documenti d’identità scaduti o prossimi alla scadenza”, ha proseguito. Gli Stati che ad aprile hanno effettuato l’evacuazione da Port Sudan ai propri connazionali l’hanno negata ai sudanesi privi di visto. Secondo le informazioni raccolte da Amnesty, le centinaia di persone in attesa di varcare il confine a Qustul e Argeen, nei pressi di Wadi Haifa, stanno affollando le strutture disponibili nella zona e nelle città adiacenti. Le persone sono costrette a trascorrere la notte all’aperto, senza riparo, acqua né cibo. La mancanza di acqua potabile e di servizi igienici aveva creato un ambiente insalubre, soprattutto per le persone anziane e i bambini. Sul lato egiziano della frontiera c’era la Croce rossa ma dal lato sudanese non c’è era alcun presidio medico.
L’Egitto ha accolto il maggior numero di persone in fuga dal conflitto sudanese: oltre 250.000 alla data del 26 giugno, secondo il ministero degli Affari esteri del Cairo. Secondo le informazioni raccolte da Amnesty, risalenti al 10 giugno, le autorità egiziane chiedevano a tutti i sudanesi di munirsi di un visto d’ingresso presso il consolato di Wadi Haifa o a Port Sudan, sia per combattere la produzione di visti falsi che per gestire meglio l’afflusso alla frontiera. Fino a quella data, sulla base delle norme vigenti prima del conflitto, il visto d’ingresso era richiesto solo ai ragazzi sudanesi di oltre 16 anni e agli uomini sudanesi di età inferiore ai 50 anni. All’inizio della crisi, le autorità egiziane addette all’immigrazione hanno accettato, alla frontiera terrestre, documenti temporanei di viaggio per le donne, le ragazze, i ragazzi di meno di 16 anni e gli uomini ultra-cinquantenni. Questa prassi è tuttavia terminata, senza preavviso, il 25 maggio, provocando caos, gravi ritardi e sovraffollamento ai valichi di frontiera. Le autorità egiziane hanno anche annullato la prassi di consentire l’ingresso ai cittadini sudanesi col passaporto scaduto, estendendone la validità per altri sei mesi, e di permettere ai bambini di essere aggiunti al passaporto dei genitori. Con un’altra decisione, presa il 29 maggio e il cui testo è stato esaminato da Amnesty, le autorità egiziane hanno introdotto nuovi controlli di sicurezza per i ragazzi e gli uomini compresi tra i 16 e i 50 anni in arrivo all’aeroporto internazionale del Cairo. Per poter entrare in territorio egiziano, il numero e la data dei controlli di sicurezza devono essere stampati sul visto d’ingresso. Amnesty ha poi ricevuto “allarmanti segnalazioni sul rifiuto, da parte delle autorità egiziane, dell’ingresso alla frontiera terrestre ricevuto da rifugiati siriani ed eritrei in fuga dal Sudan”. Ciò ha causato anche separazioni familiari. Le organizzazioni locali e a guida locale stanno fornendo assistenza ai sudanesi in fuga dal conflitto, particolarmente alle frontiere col Sud Sudan e con il Ciad. Tuttavia, la mancanza di assistenza da parte della comunità internazionale sta rendendo ancora più fragile la situazione, mettendo in crisi le limitate risorse disponibili a livello locale. Alla data del 27 giugno, gli oltre 566 milioni di dollari chiesti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati erano stati finanziati solo per il 13 per cento.

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