Israele e Hamas: Farah (Univ. Betlemme), “a Gaza diritti umani negati sia ai vivi che ai morti”

(Foto AFP/SIR)

“La dura realtà è che le gravi ferite di Gaza vengono trascurate e i diritti umanitari vengono tolti alla sua gente, sia viva che deceduta”: è quanto denuncia Basma Isam Farah, laureato all’Università di Betlemme, originario di Gaza e appartenente alla comunità cristiana palestinese. Il giovane, che affida la sua testimonianza al sito della Bethlehem University, gestita dai Fratelli delle scuole cristiane (Lasalliani), ora risiede fuori Gaza, mentre la sua famiglia, “insieme a zie, zii e cugini, sopporta ancora le difficili circostanze all’interno della regione”. “Dal 7 ottobre (giorno dell’attacco terroristico di Hamas a Israele, ndr.) le nostre vite sono state profondamente influenzate dalla guerra in corso a Gaza, lasciandoci alle prese con emozioni più profonde della paura e della tristezza”. Farah racconta gli sforzi per avere notizie dalla Striscia, del “sollievo quando parlano con i sopravvissuti e dello sconforto quando non arrivano risposte dai familiari”. Come nel caso di un suo cugino anziano “colpito dai cecchini israeliani e lasciato incustodito per le strade”, un fatto che “incarna la brutalità indiscriminata subìta dalla popolazione di Gaza”. “La difficile situazione dei nostri parenti anziani, sfollati dalle loro case a causa degli ordini di evacuazione – scrive lo studente – accresce l’angoscia e l’incertezza circa il destino delle loro case. La limitata disponibilità di beni di prima necessità fa crescere il nostro senso di impotenza. Abbiamo le mani legate e non possiamo fare altro che pregare”. “Gaza, la nostra città natale, dove siamo nati, cresciuti, dove abbiamo frequentato le scuole e abbiamo conservato i nostri ricordi, è nel caos più totale. Viviamo – spiega il giovane – notti insonni, pregando con fervore per la sicurezza della nostra famiglia in mezzo ai continui bombardamenti. Sembra inappropriato continuare con le attività quotidiane quando le nostre famiglie a Gaza lottano per le necessità. La frustrazione cresce dentro di noi mentre le nostre suppliche sembrano inascoltate, i nostri cuori soffrono e le nostre lacrime passano inosservate”. Da qui l’appello: “Imploriamo che le nostre voci siano ascoltate, chiediamo giustizia per il popolo palestinese a Gaza. Ci aggrappiamo alla speranza che alla fine di questo tunnel buio emerga una luce, alleviando la sofferenza di coloro che hanno perso case, beni e persone care. Possa il Dio del cielo intervenire e risparmiare la nostra amata Gaza da ulteriori distruzioni”.

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