Coronavirus Covid-19: vescovi Costa Rica, “custodia della vita imperativo etico e morale”

“Ora che sperimentiamo maggiormente la nostra fragilità, comprendiamo bene che la custodia della nostra vita, come prezioso dono di Dio, è un imperativo etico e morale. Il popolo ha il diritto di pretendere da noi il rispetto delle norme di tutela sanitaria e noi abbiamo il dovere di rispettarle per custodirci reciprocamente”. Lo scrivono i vescovi della Conferenza episcopale della Costa Rica (Cecor), in un messaggio diffuso venerdì scorso, al termine della propria assemblea plenaria, dedicato in gran parte alla pandemia di Covid-19, che, dopo un’iniziale impennata di contagi ben contenuta grazie ai tempestivi provvedimenti, ha ripreso a circolare nel Paese in modo massiccio nell’ultimo mese, seguendo la tendenza degli altri Paesi centroamericani (a oggi, i contagi accertati hanno raggiunto la cifra di 23.286, con 235 morti).
I vescovi, nella nota firmata dal nuovo presidente della Cecor, mons. José Manuela Garita Herrera, vescovo di Ciudad Quesada, e dal segretario generale, mons. Daniel Francisco Blanco Méndez, vescovo ausiliare di San José, invitano a vincere “la solitudine e l’isolamento, l’indifferenza che è essa stessa una malattia. Promuoviamo spazi di incontro e nuove forme di fraternità, di ospitalità, nuove espressioni creative di vicinanza e affetto. Ci viene prescritto il distanziamento fisico, non quello sociale”. Al tempo stesso, il messaggio denuncia che “la pandemia ha messo in evidenza situazioni che feriscono la dignità delle persone, un’emergenza umanitaria in zona di forte povertà”. E invita a vincere “discriminazioni e stigmatizzazioni”, che negli ultimi mesi hanno riguardato in special modo i migranti nicaraguensi.
La coscienza del valore della vita spinge la Chiesa della Costa Rica a promuoverla con maggior forza “fin dal concepimento” e “prendiamo posizione contro tutto quello che ci minaccia, coperto con termini confusi e altri pretesti non chiari. Abbiamo chiesto, a tale proposito, di conoscere ufficialmente il protocollo applicativo del cosiddetto aborto terapeutico e ancora non abbiamo risposta”. In particolare, denunciano i vescovi, “osserviamo freddezza e perfino mancanza di rispetto per la libertà religiosa in alcuni settori sociali e in alcuni orientamenti settari verso le Chiese, con il pretesto di imporre agende contrarie alla fede e ai nostri valori tradizionali”. L’esortazione, viceversa, è a garantire “la partecipazione più ampia delle Chiese, per il bene della società”.

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