Camaldoli: dom Ferrari (priore), “riscoprire la fonte spirituale da cui sgorgò” il Codice del 1943. “La società ha bisogno di un’anima”

(Foto Il Regno)

(dall’inviato a Camaldoli) Il sesto appuntamento dei “Percorsi di cultura politica”, organizzato dalla Comunità di Camaldoli assieme alla rivista Il Regno e in collaborazione con la Comece, “vuole essere più che un semplice convegno”, piuttosto “un’occasione di discernimento comunitario. Nel dialogo tra fede e cultura, tra Chiesa e società, tra le diverse tradizioni cristiane e l’umanità europea nel suo insieme, intendiamo tornare a interrogarci su un nodo decisivo: quale coscienza dell’Europa il cristianesimo può oggi suscitare e custodire?”. Dom Matteo Ferrari, priore generale dei camaldolesi, è intervenuto alla prima sessione del convegno che si svolge da oggi a domenica al monastero aretino su “Cristianesimo coscienza dell’Europa”. “Per noi monaci di Camaldoli, riflettere sull’Europa non è un esercizio accademico, ma una fedeltà alla nostra storia e vocazione. In queste foreste, nella quiete del monastero e dell’eremo, si è formata nei secoli una spiritualità che tiene insieme l’ascolto della Parola e la cura della convivenza umana. La duplice forma della vita camaldolese – eremitica e cenobitica – parla, in fondo, di un equilibrio tra interiorità e comunione, tra libertà personale e legame comunitario. Non è forse questo anche il sogno originario dell’Europa? Un continente capace di custodire le differenze senza dissolverle, di costruire unità senza uniformità, di riconoscersi in un’anima più grande delle proprie frontiere?”.
Ferrari ha osservato: “Camaldoli ha voluto dare un segno concreto di questa visione quando, nel 1943, alcuni uomini e donne di fede e di pensiero iniziarono ad elaborare proprio tra queste mura quello che sarebbe diventato il celebre Codice di Camaldoli. Quelle pagine, nate in un tempo di guerra e di oscurità, furono un contributo decisivo alla rinascita etica e civile dell’Italia e dell’Europa. Oggi, in un altro tempo di smarrimento e di conflitto, sentiamo la stessa urgenza: non di scrivere un nuovo codice, ma di riscoprire la fonte spirituale da cui esso sgorgò: la convinzione che l’uomo è un essere relazionale, e che la società ha bisogno di un’anima”.

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