Diminuiscono i nuovi poveri ma aumentano le cronicità e la povertà multidimensionale; di conseguenza c’è una forte crescita anche degli interventi della rete Caritas; il reddito da lavoro è insufficiente a mantenere una vita dignitosa; sono in corso due emergenze, abitativa e sanitaria; aumentano gli anziani che si rivolgono ai centri di ascolto e ai servizi Caritas: sono questi i principali segnali di allarme che emergono dal Report statistico nazionale 2025 sulla povertà in Italia, come ricordato da Federica De Lauso, sociologa, del Centro studi di Caritas italiana, durante la presentazione oggi a Roma. De Lauso ha citato alcuni dati del rapporto: il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà e 1 residente su 10 non vive una vita dignitosa, pari al 9,7% popolazione. “L’inflazione è oggi ridimensionata ma non c’è stato un calo dei prezzi – ha fatto notare – e questo pesa molto sulle nostre famiglie perché aumentano i redditi nominali ma diminuiscono i redditi reali, visto che i salari sono calati del 4%. Dal 2008 al 2024 abbiamo riscontrato un calo dei salari dell’8%: l’Italia è tra i Paesi europei con la più alta perdita del potere di acquisto”. La sociologa ha ricordato che il dato delle 277.775 persone assistite dalla Caritas, contenuto nel report, proviene da 3341 centri di ascolto e servizi che hanno risposto ai questionari: “Ossia la metà dei servizi Caritas in Italia. Per avere numeri reali bisogna quindi moltiplicare per due”.
Tra le caratteristiche delle persone che si rivolgono alla rete Caritas: “Famiglie con minori (52%), coppie o monogenitoriali; un terzo sono persone sole; più donne al sud e più uomini al nord; la povertà è sempre correlata a bassi livelli di istruzione; il 30% delle persone tra 35 e 54 anni ha un lavoro; gli stranieri sono il 56%, in calo perché ci sono meno profughi ucraini”. I primi tre Paesi extracomunitari rappresentati sono Marocco, Perù e Ucraina, con “un boom dei peruviani, a causa di sconvolgimenti politici sociali ed economici che spingono le famiglie alla fuga”. Sono soprattutto eventi traumatici come “separazioni, lutti e divorzi” ad innescare l’entrata nella vulnerabilità e tante fragilità. Anche le povertà sanitarie (58%), ad esempio, fanno da traino per altri ambiti di bisogno.