
“La situazione continua a essere molto grave. Ci sono bombardamenti tutto il giorno e anche nella zona della parrocchia, qui a Gaza City. Delle schegge di bombe sono cadute all’interno di alcune nostre strutture ma grazie a Dio non ci sono stati feriti. Stiamo tutti bene”. Da Gaza, a parlare al Sir, è il parroco della parrocchia latina della sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli. A preoccupare adesso sono anche le notizie di un’ulteriore intensificazione del conflitto armato e l’approvazione da parte di Israele di un un piano per occupare l’intera Striscia con il conseguente sfollamento di centinaia di migliaia di palestinesi.

(Foto AFP/SIR)
“Da oltre due mesi – dice il parroco, missionario di origini argentine – non arrivano aiuti umanitari all’interno della Striscia di Gaza e la popolazione è allo stremo. Mancano, cibo, acqua, medicine. In giro si vedono lunghe file di gente in attesa di prendere qualche litro di acqua potabile e qualche razione di cibo”. In questa situazione la piccola parrocchia, l’unica cattolica della Striscia, continua ad essere “una vera e propria oasi di pace e di aiuto per tutti, nessuno escluso”. Ricorda padre Gabriel: “Come parrocchia cerchiamo di fare il possibile per sostenere, sin dallo scoppio della guerra, migliaia di famiglie che vivono in quel che resta del nostro quartiere. Stiamo utilizzando l’aiuto che abbiamo avuto dal Patriarcato latino di Gerusalemme, grazie all’impegno del patriarca, card. Pierbattista Pizzaballa. Adesso stiamo razionalizzando il cibo così da continuare ad aiutare le famiglie più in difficoltà. Siamo riusciti a purificare l’acqua che preleviamo all’interno della parrocchia ma i bisogni restano enormi. In parrocchia al momento ci sono circa 500 rifugiati della comunità cristiana locale oltre a numerosi bambini disabili custoditi dalle suore di Madre Teresa”. “Tutto intorno la desolazione – aggiunge il parroco – nulla fa pensare ad un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi. Niente induce la popolazione locale a sperare di poter restare nella propria terra e a ricostruire la propria vita. Con la piccola comunità cristiana rifugiata cerchiamo di alimentare la speranza attraverso la condivisione materiale e spirituale. Preghiamo ogni giorno, lavoriamo con i gruppi dei giovani, delle famiglie, facciamo formazione cristiana, leggiamo la Bibbia, prendiamo esempio dalla vita dei santi, animiamo l’oratorio dei più piccoli, ma sempre all’interno della parrocchia per motivi di sicurezza”.

Gaza, parrocchia Sacra Famiglia (Foto Ilquddas Ara)
Infine l’ennesimo, accorato, appello dalla piccola comunità cristiana gazawa, tanto amata da Papa Francesco: “A tutti gli uomini e le donne di buona volontà sparsi nel mondo chiediamo di lavorare e pregare per la pace. Uniti chiediamo a Dio che ci conceda e questo dono, che ponga fine a questa guerra e che ci sia pace per israeliani e palestinesi. Uniamo la nostra preghiera a quella della Chiesa universale per l’imminente Conclave. Che lo Spirito Santo scenda con potenza sui cardinali chiamati ad eleggere il Successore di Pietro”.